sabato 19 luglio 2008

Ricongiungimenti famigliari

[...Io e Gubbo eravamo arrivati a Valencia; lui conosceva la strada che ci avrebbe portato al suo appartamento di Blasco Ibanez, io non molto esattamente ma mi ostinai a far di testa mia, infatti ci perdemmo. Giravamo con la macchina per la città; città che sembrava un po' Niagara, un po' Metropolis: città in salità, dal cielo rosso e grigio dall'aria post-moderna, dai grandi grattacieli illuminati e dalle grandi gru industriali. Continuavo a cercare Blasco Ibanez.
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Gubbo doveva incontrare dei suoi vecchissimi parenti che erano immigrati in una terra straniera anni orsono. Dapprima conobbe due ragazze, erano le figlie di una cugina di suo papà; entrambe more, coi capelli mossi. Gli dissero come si sarebbe svolto il tutto: la cena, gli incontri con gli altri parenti... etc...
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Io lo accompagnai a vestirsi nella staza che aveva affittato proprio sopra il salone entro cui ci sarebbe stato l'incontro con tutti gli altri.
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Arrivo il giorno e l'ora delle presentazioni: c'erano vari zii, cugini, parenti della nonna... tutti erano imparentati dalla parte paterna, comunque!
Conobbe tutti salvo una persona, di cui non ricordava nemmeno l'esistenza: sua nonna, la mamma di suo papà. Lui non voleva conoscerla perchè sapeva che lei non mi avrebbe approvato; non avrebbe approvato nulla di ciò che io le avrei raccontato. Lei si presentò come una donna abbastanza vecchia, dai capelli corti e grigi, con una collana di perle che cadeva su un bellissimo taier. Mi presentai e logicamente ebbe da ridiere sui miei studi, che erano superficiali ed insensati.
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Durante la cena andai in bagno ed ebbi l'occasione di conoscere un ragazzo, non molto alto, dai capelli ricci e un po' rossi e dalla pelle bianchissima... non aveva nulla di famigliare con mio moroso. Si presenta e appena ha l'occasione cerca di violentarmi; io spaventata scappo e racconto tutto a mio moroso, il quale mi dice di non preoccuparmi.
Dopo qualche giorno venni a sapere che questo ragazzo non c'entrava nulla con la famiglia di Gubbo e che era un infiltrato...]

Sensualità femminile

[...Ero in campeggio a Lazzaretto, assieme ai miei nonni, ai miei genitori e dall'altra parte del campeggio c'era pure Yola. Dovevamo andare al mare assieme; c'era bel tempo, faceva pure caldo, ma qualcosa mi diceva che non era tempo nè giorno d'andare in spiaggia. Iniziammo a preparare tutte le borse per la spiaggia, i materassini e pure una valigia con dentro un sacco di vestiti. Preparata e vestita avevo con me un borsone e un'altra borsa dentro cui c'erano materassini, stuoie...
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Sarei passata a prender Yola col motorino ad una certa ora. Il motorino posteggiato dietro la roulotte si rivelò un vecchissimo "ciao" che aveva le sembianze più d'una bicicletta, anzichè d'u motorino. Io non sapevo guidarlo quell'aggeggio! Come cavolo avrei fatto? Panico totale; ero in ritardo, Yola stava aspettando e non avevo un mezzo per andarla a recuperare.
Le soluzioni erano due: mi sarei potuta rintanare nella roulotte e far finta di niente, come andar fin lì a piedi, ma ci avrei messo una vita. I miei genitori mi dissero che non avevano l'auto, pertanto o guidavo quello strano aggeggio o non c'era nulla da fare. Facendo un due calcoli capii che se mi fossi portata dietro tutte quelle borse allora sarei caduta dal ciao; quindi dovevo eliminare qualche valigia; per non parlare del fatto che Yola pesava più di me e che avrebbe sicuramente avuto più borse di quelle che avevo io.
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Ci trovammo in una specie d'aula magna, come quella di economia; ma molto molto più grande. Dentro c'erano un sacco di vestiti e ancor più manichini. Paolo Guglia coordinava la gente affinchè questa togliesse gli abiti dai manichini, se li provasse e li mettesse sugli appositi appendiabiti; così da ordinare il tutto ed allestire l'auditorium per l'esibizione di abiti.
I manichini erano posseduti da spiriti cattivi, me ne accorsi perchè mi sorridevano e mi facevano facce: avevano denti appuntini e sguardi assassini; e quando qualcuno osava spogliarli per indossare i loro vestiti queste persone divenivano immediatamente indemoniate.
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Vidi una ragazza, bella, alta, capelli lisci mori e ben tenuti, magra e ben vestita. Indossava un vestito indemoniato... dunque iniziò a non esser più lei. Ci appartammo ed iniziammo a baciarci: la guardia dell'aula magna ci scrutava con la punta dell'occhio. Che io fossi diventata un'esibizionista? pensavo solamente ad una cosa: per me era normale e naturale baciare una ragazza, nonchè portarmela a letto; per tutti gli altri non lo era; quindi dovevo assolutamente aprofittare della situazione: le ragazze erano possedute, disinibite, quindi avrei potuto far di loro quel che volevo... (Marco non sarebbe stato contento di ciò...).
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Capii all'improvviso che non mi piaceva baciare quella ragazza: aveva i denti storti e un po' rovinati dal fumo; quindi la scacciai.
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Tornai dentro l'aula magna; Paolo Guglia continuava a coordinare la gente non sapendo che togliendo gli abiti ai manichini tutti sarebbero diventati posseduti ed indemoniati.
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Puntai gli occhi su un manichino biondo, capelli lisci fin le spalle, con la frangia; faccia da porcellana, perfetta, senza una ruga. Questa mi sorrise: gli occhi divenirono rosso fuoco e i denti appuntiti e maligni. Col pensiero mi disse "non riuscirai a far desistere gli altri". La bambola aveva capito che io sapevo... io le risposi con una smorfia... ma lei continuò "gli altri ci spoglieranno e diverranno indemoniati, non fermerai tutto questo"...]

lunedì 14 luglio 2008

Povero Riccardo!

[...eravamo io, Gigi, Luca, Nik, Riccardo e la sua ragazza.. e altri miei amici in un pub. Seduti attorno ad una tavola chiacchieravamo; la ragazza di Riccardo era leggermente in disparte, priva d'attenzioni si sentiva trascurata. Lei non era per niente felice che io fossi amica di suo moroso, infatti cercava di convincerlo a non vedermi nè sentirmi più.
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Io e tutti gli altri ridevamo e scherzavamo... tutti erano interessati ad un fatto che stavo raccontando; salvo lei, che nuovamente mi guardava con occhi di fuoco. Era mora e piccolina, molto diversa da come sono io; estremamente possessiva, e gelosa.
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Decisi che volevo darle fastidio, perchè il suo sguardo minacciosamente ridicolo mi infastidiva; e mi infastidiva pure ciò che cercava di inculcare a Riccardo su di me "cerca di farci litigare, è gelosa, mi odia..." ripeteva al ragazzo.
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Di colpo presi Riccardo e abbracciandolo e scuotendolo gli urlavo "sei proprio un gay, sei proprio un gay". Tutti ridevano, Nik in particolare che si godeva la scena e la faccia di Riccardo; tutti salvo lei, che cercò di fermarmi, si prese e se ne andò via... sperando che il moroso la seguisse, ma nulla: lei si alzò. Uscì dalla stanza a capo chino. Lui non se ne interessava minimamente: continuò a ridere e scherzare assieme a noi...]

giovedì 10 luglio 2008

Feticismo psicoanalitico

[...Erano finalmente usciti i voti degli ultimi 3 esami: psicanalisi, storia e metodi della psicologia e qualcosa come psicopedagogia. I voti erano stati esposti dalla Pellizzoni in una bacheca presso un'antica cantina. Questa cantina era grigia e piena di vecchie cose di metallo; in una parte di essa c'erano delle scalette che portavano in un piccolo vano, accanto al quale c'era la bacheca con tutti questi voti.
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Ero andata lì con Yola. E oltre a noi due la vecchia cantina era piena di mamme di studenti che guardavano i voti, io pensai che questi studenti erano piccoli e avranno avuto all'incirca non più di 10 anni. Cercai il mio voto di psicanalisi; e questo non era scritto in trentesimi come era solito fare, bensì in rapporto parte superata dell'esame, parte non superata. All'inizio guardai e c'era scritto 59/69 (il 59 mi sembrava un 29 perchè era stampato male, quindi così d'impatto pensai che avevo preso 29... poi m'accorsi che erano altri i rapporti). Chiesi perchè la Pellizzoni aveva preferito far così, anzichè com'eravamo tutti abituati. Mi venne risposto che le era più semplice. Infatti accanto vidi scritto che io avevo superato 2/3 dell'esame. Inizia a fare dei calcoli e venne fuori che il mio voto corrispondeva forse ad un 25. Non ero per niente contenta.
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Ora mi basai sugli altri esami, e di loro avevo passato solo 1/3 dell'esame... non ero affranta, ma incazzosa ed inacidita perchè non capivo cosa avevo potuto sbagliare. Poi pensai: ma l'esame di psicologia dinamica e quello di psicanalisi che ho fatto solo lo stesso o due diversi? mah!?
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Ora eravamo io, Michele, una ragazza mora e piccolina e Yola fuori dalla facoltà, che fisicamente sembrava un po' il galilei, un po' il porticato del bar del campeggio di lazzaretto, un po' il nordio. Infatti era il nordio, benchè lì si tenessero le lezioni della facoltà di psicologia ed architettura. Dovevamo sostenere l'esame di psicanalisi; entrammo e cercammo dapprima una stanza per ripetere, poi avremmo cercato quella vera e propria dell'esame. Dentro la scuola era pieno di ragazzi che andavano da una stanza all'altra; e le porte erano fatte in modo molto strano: un misto tra blu acciaio e ceruleo, al posto della maniglia c'era un triangolo di metallo, e non c'era la maniglia vera e propria; chissà come si potevano aprire queste porte...
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Proseguimmo con la nostra ricerca dell'aula, finchè capitammo in un grande atrio dentro il quale c'erano diversi studenti che stavano studiando, ripetendo, ripassando... ma quest'atrio dava diretto su un'aula dentro la quale si stava facendo lezione; l'aula infatti aveva una finestrella nella parete grazie alla quale si poteva vedere e sentire tutto.
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La ragazza piccola e mora con cui ero la entrò nell'aula, fuori dalla quale c'era l'etichetta: farmacologia. La professoressa, riccia, bionda, un po' simile alla Passolunghi, si arrabbiò e chiese alla ragazza: chi era, cosa ci faceva la, e se era quantomeno in grado di dirle che corso fosse quello. Io dall'esterno cercavo di suggerirle che forse era un corso di architettura... ma la ragazza mora rispose che era un corso di "esplosivi". Al che la professoressa simile alla Passolunghi le disse che non era assolutamente così e le chiese scortesemente di lasciare l'aula. Io mi chiedevo perchè non poteva assistere considerando che non eravamo a scuola, e che non c'erano le classi predefinite.
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(fuori pioveva e diluviava) Ci sedemmo tutti attorno ad un tavolo nell'aula accanto a quella entro cui si stava facendo la lezione. D'improvviso entrarono due ragazze mezze nude, bionde, che parlavano un italiano accentato, e dall'aspetto alquanto fetish: indossavano un paio di mutandoni neri di pelle con delle cinghie che scendevano; una cintura borchiata e null'altro. Su entrambi i capezzoli avevano due piercings: uno di metallo e sopra uno blu, avevano dei guanti di pelle e delle scarpe coi zatteroni in pelle lucida. Una delle due ragazze aveva i capelli leopardati raccolti in una coda anni '80, l'altra li aveva sciolti; mi chiesi perchè indossassero un paio di mutandoni "della nonna" anzichè un perizoma o un tanga...
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Una delle due ragazze girava tra i banchi e distribuiva fotocopie, l'altra, quella con la coda anni '80 faceva lo stesso, ma lei pure parlava. Valentina, la mia compagna di corso, appena le vide disse: eccole, sono loro quelle due che avevo conosciuto alla festa! e le riconobbe come facce note. Quella con la coda disse "e si, lei è la mia conquilina" riferendosi all'amica fetish, e poi si corresse "non inquilina, ma concubina" alludendo a qualcosa di prettamente sessuale; come se le due si dessero al sesso fetish dalla mattina alla sera, ma come se tra le due fosse proprio lei, quella con la coda, a portare avanti i giochi...]

lunedì 7 luglio 2008

Rioni popolari e associazioni altolocate

[...dovevo dare l'esame di psicologia generale. Ma il luogo in cui l'avrei tenuto non era la solita Trieste, bensì presso la Confocommercio di Milano; dunque dovevo partire verso Milano al più presto possibile. Ero con Simona nella sua '500 rossa, stavamo andando un po' verso Milano, un po' in giro a caso: erano le 7 del mattino, ci trovavamo sul curvone di Valmaura e incontrammo Cristian. Era in motorino e stava male: aveva un febbrone terribile, che non scendeva, ma anzi saliva. Ci raccontava che stava vagando per la città un po' a caso. Aveva sonno, febbre e mal di testa.
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Io e Simona eravamo in ritardo, molto in ritardo. Io dovevo essere a Milano, ed erano già le 7; lei doveva fare l'esame della maturità, ma non sapeva nè dove, nè quando. Avevo paura di arrivar tardi, perchè comunque fossero andate le cose non sarei mai arrivata puntuale. Il mio perenne e cronico ritardo mi angosciava. L'altro pensiero concerneva la Confcommercio, chissà se ci sarebbero stati Rigutti, Paoletti, Cespa... o chissà se a Milano erano altri i componenti dell'associazione.
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Partimmo verso Milano passando di nuovo un po' per Valmaura; nel frattempo Cristian era sempre lì fermo sulla sua moto posta sul curvone; passammo un po' per la stazione un po' per l'autostrada. Ma era comunque terribilmente tardi! Non ce l'avrei fatta! ...]