venerdì 29 febbraio 2008

Inconsciamente 2

[...Ero con i miei genitori che stavo andando sulle rive del lago di Bagnoli. Io ero seduta davanti, ma in realtà è come se fossi sui sedili poesteriori, isolata, poco attenta ai discorsi ed alla strada, ma molto narcisista e megalomane. Non avevo rete sul cellulare perchè stavamo viaggiando in mezzo ai monti, quindi la linea andava e veniva. Ora ce l'avevo: Stefano, l'ex moroso di Yola, mi stava chiamando, da casa sua, e stranamente avevo il suo numero nel cellulare. Rispondo al cellulare e parlo con lui. "Ciao Giara, sai dov'è Francesca? perchè non l'ho trovata a casa, e mi stavo preoccupando". "Si, è andata in Svizzera con Marco, sono andati a sciare ed alle terme". "Ah va bene, peccato... perchè avrei voluto vederla, sapere come stava...". "Traquillo, sta bene!". "Ma è sicuro felice con Marco? perchè ho paura che stia male".
Cambio scena
Cadde la linea. Arrivammo dinanzi al lago; era bellissimo, immerso nelle montagne, di una meravigliosità indescrivibile ed immanente e trascendente allo stesso tempo. Non mi ero mai accorta che Trieste potesse essere così bella. Non avevo mai prestato così tanta attenzione a quelle montagne. Ma tutto ciò era veramente indescrivile e stupefacente: pensai al fatto che era da molto tempo che non arrampicavo, che non camminavo, che non sciavo... e mi mancava Marco per fare tutto ciò.
Cambio scena
Totalmente vestita di stracci e cartoni vagavo per le strade abbandonate della città. Avevo finalmente trovato casa: una villetta disabitata, coi vetri rotti, ma migliore della macchina rossa in cui sopravvivevo prima: una cadillac di las vegas.
Cambio scena
La casa non era proprio disabitata, infatti lì in zona abitava un bruttissimo e cattivissimo cane, che veniva dal Gran Canion (aveva viaggiato per mesi, nuotando attraverso l'oceano fino ad arrivare dov'era ora: la zona disabitata). Il cane, spelacchiato, ringhiava ogni qualvolta qualcuno cercasse di avvicinarsi alla villetta abbandonata; non aveva padrone, nè morale: viveva secondo la legge della natura.
Cambio scena
Aspettai che si allontanasse dalla zona per cercare di impossessarmi della villetta, ma sapevo che nel momento in cui questo sarebbe tornato a casa, per me sarebbe stata dura: avrei dovuto battermi. E così accadde: il cane torno, ma io non volli battermi, inizia a guardarlo fisso negli occhi, come per volerlo terrorizzare... ma non stava accadendo ciò: lui terrorizzava me, con la sua stessa sofferenza, infinita, temibile e trasmettibile empaticamente.
Cambio scena
Inizia a correre perchè la sofferenza e la paura di captare fino in fondo il dolore immenso della bestia era enorme, quindi correvo e correvo. Nel buio. Senza sapere fin dove sarei arrivata: forse nel Gran Canion, forse sotto un cavalcavia. ...]

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Giara, ti ringrazio tantissimo per le tue parole, che mi hanno commosso e non sto scherzando.
Per quello che può valere (poco, lo so)ti linko tra i preferiti del mio blog.
Ciao.
Paolo

Lapantigana ha detto...

Ma scherzi! Non ho aggiunto, al commento, che mentre leggevi e ti guardavo stavo realmente per iniziare a ridere rumorosamente e chiassosamente... non perchè per me sei come un pagliaccio, anche se per un certo periodo l'ho pensato! ma perchè ripensavo alla spremuta di limone!
Che bello essere linkata tra i preferiti di qualcuno! io lo definisco un onore, perchè io linko solo chi ha il mio "benestare". Sono molto selettiva in merito :-)