sabato 29 novembre 2008

Da Città vecchia a San Giovanni: un orso bianco!

[...io e Gubbo andavamo avanti ed indietro per Via S.Michele, quando ci accorgemmo che un enorme orso bianco stava vagando per il rione. L'orso era ben educato, e non era cattivo, anzi... mi ricordava Mimi... affettuoso, ruffiano...
Cambio scena
Il giorno dopo quell'orso era sempre lì! Ma di chi sarà mai? ci chiedemmo... e quindi ci facemmo portare da lui verso la sua casa.
La casa si trovava a San Giovanni, ma il palazzone di vetro entro cui viveva era similissimo alle case valenciane, vicino la città delle arti e delle scienze.
Cambio scena
Entrammo nell'appartamento, e aperta la porta trovammo il cadavere del padrone dell'orso. Era vecchio, abbronzato, vestito in tuta e seduto sul divano; la sua faccia era ricoperta di mosche, perchè ormai era morto da 3 giorni! Io non volevo vedere quel cadavere, quindi mi coprìì gli occhi, ma Gubbo cercò di ripulire la faccia del vecchio.
Cambio scena
Iniziai a fare un giro per la casa, e mi accorsi che la pianta della casa era uguale a quella di nonna AnnaMaria e nonno Bruno, ma leggermente più grande!
Tutte le stanze erano stracolme di oggetti antichissimi, trascurati, pieni di polveri, e mi facevano paura, molta paura.
Mi terrorizzava il fatto che quelle cose potessero essere lì da almeno cinquata - sessant'anni...
Una delle stanze, quella che doveva corrispondere alla stanza di mia zia (nell'appartamento dei miei nonni), aveva dentro moltissime macchine da cucire e stoffe; quindi lui era un sarto!
Cambio scena
Presi il telefono e chiamai il 118, avvisandoli del fatto che il vecchio era morto; loro sarebbero arrivati di li a poco.
E l'orso bianco? bè, l'avremmo adottato noi! ...]

lunedì 24 novembre 2008

...Io so che tu pensi che se io ti avessi...

A volte un sacco di cose si presentano come un fulmine a ciel sereno; forse son lì per un motivo, forse per caso, forse perchè le abbiamo volute noi. Io credo che se qualcosa ci accade, dalla promozione d'ufficio alla malattia, è perchè noi lo vogliamo. Senza tanti se, tanti ma.
E ora qualcosa è accaduto, credo perchè lo volevo io.
Ma qualcos'altro è accaduto indipendentemente da me, semplicemente perchè lo volevano altre due persone. E chissenefrega se qualcuno soffre: l'uomo è egoista per natura, homo homini lupus, mors tua vita mea...

Ma ritengo che a volte non è così necessario esser egoisti; forse farebbe meglio esserlo un po' si e un po' no.

Spesso e volentieri s'innesca automanticamente, ma volontariamente, quell'orribile meccanismo umano: io vorrei una cosa, ma non la chiedo, sennò l'altro crede che io penso solamente a me, quindi me la tengo dentro; ma dai... magari riesco a farla comunque, la faccio senza pensare di dirla all'altro; l'altro ci rimane male, e io penso "ma ero sicuro che se gliel'avessi chiesto lui avrebbe pensato che..."
Facile, troppo facile, per non parlare della "facilissime" dinamiche interpersonali che s'instaurano all'interno degli individui!

Mi sa che a volte è meglio parlare... e se si vuol essere egoisti basta esserlo se l'altro è d'accordo.

venerdì 14 novembre 2008

Istruzione ieri; Istruzione oggi; Istruzione domani?

Quale sarà il nostro futuro universitario; cos’hanno vissuto tutti quegli studenti che prima di noi si sono laureati… queste dovrebbero essere le domande che a mio acchito dovremmo porci per capire come è nata e perché è nata questa riforma, la Riforma 133, così poco condivisa sia dalla destra, che dalla sinistra, dagli insegnanti, dagli studenti e dai ricercatori. Dovremmo interrogarci sul perché, sul come e sul cosa accadrà dal prossimo anno accademico.
Prima di tutto dovremmo rimandare la nostra conoscenza al secondo dopoguerra, più precisamente al 1947, anno in cui varata la Costituzione Italiana venne previsto l’articolo 33, in nome dell’autonomia universitaria:

“Art. 33.
L’arte e la scienza sono libere e libero ne è l’insegnamento.
La Repubblica detta le norme generali sull’istruzione ed istituisce scuole statali per tutti gli ordini e gradi.
Enti e privati hanno il diritto di istituire scuole ed istituti di educazione, senza oneri per lo Stato.
La legge, nel fissare i diritti e gli obblighi delle scuole non statali che chiedono la parità, deve assicurare ad esse piena libertà e ai loro alunni un trattamento scolastico equipollente a quello degli alunni di scuole statali.
È prescritto un esame di Stato per l’ammissione ai vari ordini e gradi di scuole o per la conclusione di essi e per l’abilitazione all’esercizio professionale.
Le istituzioni di alta cultura, università ed accademie, hanno il diritto di darsi ordinamenti autonomi nei limiti stabiliti dalle leggi dello Stato.”

Ebbene, in seguito a ciò l’Università italiana subì 3 grandi riforme, accompagnate più o meno da cortei, manifestazioni, critiche, appoggi…
La prima è definibile nello scenario sessantottino della politica; infatti vennero liberalizzati gli accessi alle diverse facoltà eliminando il vincolo imposto dalla riforma Gentile sul passaggio attraverso il liceo classico. Il 31 ottobre 1969 con il decreto n. 1236 del Presidente della Repubblica venne varata la prima grande riforma universitaria.
Fu con l’avvento dell’anno accademico 2000-2001 che partì la grande riforma Berlinguer – Zecchino (nata dalla Bozza Martinotti del 1997), oggi nota alla gran parte degli studenti come il “famoso 3+2”. La riforma venne attuata immediatamente, tanto che nell’anno successivo già il 97% delle facoltà italiane sottostava al “nuovo ordinamento”. La riforma, che ora spiegherò a breve, ha voluto esser una sorta di “americanizzazione” o “europeizzazione forzata” dell’istruzione, come la definiscono in molti, rimodellando le vecchie lauree da 4 (per esempio matematica) o 5 anni (per esempio psicologia) in lauree brevi (triennali, paragonabili al “bachelor”) e lauree specialistiche (biennali), con la possibilità d’aggiunta, che già in precedenza c’era, di masters, scuole di specializzazione… etc…
Le ragioni di questa riforma sono state, secondo i ministri portavoce, ben diverse dall’europeizzazione forzata sospetta: l’età media dei neolaureati italiani era troppo elevata rispetto alla media europea e il 2/3 degli immatricolati non proseguiva gli studi. I risultati immediati della riforma sono stati la crescita del numero degli studenti, infatti dopo solamente due anni esistevano quasi 8.000 corsi di laurea, alcuni dei quali con meno di dieci iscritti; l’offerta formativa si è ampliata in maniera tale da render i corsi di studio che prima erano definiti a livello nazionale, a livello strettamente circoscritto, infatti alcuni diversi indirizzi oggi si attivano e si concludono nelle singole università. La riforma ha provocato delle conseguenze non indifferenti circa il mercato del lavoro, che si è trovato dinanzi numerosi neo-laureati i cui titoli erano leggermente diversi, ma forse equipollenti (per esempio psicologia del lavoro – psicologia ergonomica). La riforma ha introdotto nella vita universitaria i famosi “crediti”, che potremmo oggi definire come una raccolta dei bollini della coop; questi impediscono spesso e volentieri l’accesso ad alcune lauree specialistiche ed obbligano lo studente neo-laureato alla triennale ad integrare una mole d’esami tale da fargli perdere anche un anno, a volte; e bisogna sottolineare che non sempre esiste un corso di laurea specialistica che segue la triennale.
La struttura della riforma è stata incentrata sul rapporto formazione-produzione subordinando la prima alla seconda. Alla nuova università, così delineata, viene demandato il compito di formare i quadri professionali intermedi; compito precedentemente affidato ad enti di collocamento statali o direttamente alle aziende. A questo nuovo impegno corrisponde la rimodulazione dei percorsi formativi: tre anni di base cui si dovrebbero aggiungere altri due anni di specializzazione seguiti eventualmente da master o corsi di perfezionamento (la formazione universitaria al lavoro è stata dunque allungata: prima della riforma ci si laureava in fisica in 4 anni, ora in 5 e sono quasi sempre necessari master, corsi…). L’idea guida di questa suddivisione è la gerarchizzazione del percorso formativo: ogni titolo di studio (laurea triennale, laurea specialistica e corsi specializzanti) conferisce allo studente un diverso livello di formazione cui corrisponde un preciso ruolo nella rigida gerarchia del mondo aziendale, dell’impresa e del lavoro libero e professionale.
Lo schema 3+2 comporta anche la fine della formazione a carattere enciclopedico dei corsi quinquennali e quadriennali a fronte di una specializzazione del sapere più funzionale e tecnico che si è riservato oggi in nuove figure strettamente settoriali.
Ma eccoci alla fatidica “ultima grande riforma”: la riforma Tremonti – Brunetta – Gelmini, meglio nota come legge 133/08.
In realtà non si sa ancora nulla circa i cambi di piani di studio, soldi investiti maggiormente in un ambito o in un altro, formazioni… etc… fin’ora infatti si è a conoscenza soltanto di cosa non avrà più l’università italiana: l’università e la ricerca italiana non avranno più quasi 1500 milioni di euro in cinque anni.
I tagli nascono da diversi fattori, ma tutti sintetizzabili in un’unica parola: sprechi, che vanno razionalizzati ed essenzializzati. Interroghiamoci su quanto “costa” ognuno di noi all’Università italiana. I dati OCSE prevedono una spesa annuale per studente che va dai 24370$ in Usa ai 12446 per la Francia ed ai 8026 per l’Italia, ma c’è d’altro canto chi sostiene, come Roberto Perotti in “The Italian University System: Rules vs. Incentives” e di nuovo in “L’Università truccata”, Einaudi che: la mancanza di fondi è un falso mito. Tenendo opportunamente conto della circostanza che un numero notevole di studenti iscritti non ha più un rapporto con l’università e dunque non grava in alcun senso sulle strutture universitarie, la spesa annuale per studente risulta in Italia “la più alta al mondo dopo Usa, Svizzera e Svezia. Nonostante ciò, i tagli, più o meno pesanti che siano, porteranno pur a qualcosa (riduzione dei servizi agli studenti, riduzione delle infrastrutture, peggioramento della qualità didattica, riduzione delle attività di ricerca).
Arriviamo dunque al secondo punto cruciale: Università come Fondazioni.
Il Senato Accademico infatti avrà la possibilità di deliberare la trasformazione dell’Ateneo in una Fondazione in grado di raccogliere finanziamenti privati, implicazioni di tale decisione sarebbero:
- annullamento della natura pubblica delle Università
- divisione degli Atenei in Fondazioni di serie A e B in funzione della capacità economica della Regione di appartenenza
- annullamento del diritto allo studio
- livellamento della differenza delle tasse universitarie rispetto alle università private
A ciò si aggiunge la riduzione del turn-over, che dovrebbe secondo quanto scritto nella legge avvenire solamente fino al 2012. Tale riduzione comporterebbe 1 su10 nuove assunzioni rispetto al numero di pensionamenti per il 2009, 1 su 5 nuove assunzioni rispetto al numero di pensionamenti per il 2010 e il 2011 e 1 su 2 nuove assunzioni rispetto al numero di pensionamenti per il 2012. Questa, forse, è la conseguenza dell’erronea assunzione del corpo docenti: gli studenti universitari sono aumentati del 7% mentre il numero dei professori del 25% senza tralasciare il fatto che negli ultimi cinque anni sono stati messi al bando 13.232 posti da associato e ne sono stati assunti 26.000 per un totale di 300 milioni di euro.
Dal 2001 (anno in cui è stata varata la legge Zecchino – Berlinguer) ad oggi i corsi di laurea sono passati da 2.444 a 5.500, forse soddisfacendo maggiormente le richieste dei professori, anziché degli studenti come dovrebbe avvenire. Infatti in Italia esistono 27 corsi di laurea con un unico studente; ed esistono pure corsi con zero iscritti (per es. Scienze delle religioni a Firenze). Le università sono 90 con 330 sedi distaccate (in regione per esempio ci sono Pordenone, Gorizia, Portogruaro…) e 170 mila insegnamenti attivati, rispetto alle 90.000 della media europea.
323 corsi di laurea non superano i 15 studenti iscritti, e 20 sono le università italiane sull’orlo della crisi finanziaria; basti pensare infatti allo scandalo dell’Università fiorentina, che pur avendo i conti in rosso si permetteva il lusso di possedere 40 ettari di terreno (San Casciano Val di Pesaro) per produrre olio, vino e grappa, e lo stesso Rettore aveva stanziato circa 1,2 milioni di euro del bilancio universitario per trasformare il terreno in agriturismo.
Ma se è vero che i tagli ridurranno i servizi perché alcune università, come quella de L’Aquila che vanta un disavanzo di 12 milioni di euro impegna circa il 95,5% del fondo per pagare stipendi? Sottolineando pure il fatto che tale comportante è illegale: la legge 449/97 art. 5, comma 6,4 sostiene che le spese fisse e obbligatorie per il personale di ruolo delle università statali non possono eccedere il 90 per cento dei trasferimenti statali sul fondo per il finanziamento ordinario.
Forse ciò che maggiormente preoccupa gli universitari italiani è la possibile impossibilità di studiare; è la possibile impossibilità di laurearsi, la possibile impossibilità di fare ricerca, di aiutare l’umanità, di incrementare le conoscenze universali. Forse è questo ciò che causeranno le Fondazioni universitarie. Ed è ciò che preoccupa anche me. E’ da sottolineare però che l’istruzione italiana (scuola, università e ricerca) viene presa a bastone bipartisan: nessuno risparmia tagli, ma nessuno fa mai niente per criticare in maniera produttiva quello che è il nostro futuro.
[Una norma equivalente a quella della legge 133 (possibilità per le università di diventare fondazioni private) fu approvata dal centrosinistra (governo Amato) nel 2000 ed entrò in vigore nel 2001. Si tratta del Decreto del Presidente della Repubblica 254/2001 “ Regolamento recante criteri e modalità per la costituzione di fondazioni universitarie di diritto privato, a norma dell’ articolo 59, comma 3, della legge 23 dicembre 2000, n. 388.]
[Il Ministro Mussi ha tolto ben più di quanto sta togliendo Tremonti: come racconta il neo-Rettore della Sapienza: “ Ha tolto 87 milioni di euro alla ricerca per darli agli autotrasportatori che protestavano contro il caro benzina. Chiaramente è stata una scelta dell ’ allora ministro dell ’ Economia, Padoa Schioppa, ma Mussi non ha detto niente]
Non c’è mai stato, a mio avviso, un ministro dell’istruzione capace di realizzare ciò che gli studenti ed il corpo docente richiedevano; mai nessuno si è preoccupato di attuare un dialogo: nemmeno oggi. Nessun ministro si è mai preso la briga di sapere cosa fosse più giusto per i bambini, per gli adolescenti e per gli universitari. Sarebbe quantomeno divertente far riflettere quei simpatici politicanti seduti sulle loro poltrone in “pelle umana” sul fatto che il loro stipendio e le macchine blu sono le prime nell’unione europea.
Si parla di “Università dei baroni”, e nessuno nega che sia falso, basti pensare a tutte quelle facoltà che sono portate avanti da famiglie, zii, cugini, e amici degli amici. Ma questi tagli non aiuteranno. Non aiuteranno noi, non aiuteranno chi ha voglia di fare, non aiuteranno quei ricercatori che hanno fatto più pubblicazioni di un professore ordinario settant’enne che è aggrappato alla propria cattedra con denti ed unghie.
Credo sia arrivato il momento di mettere le mani in tasca ai nostri professori, di mettere le mani in tasca alla nostra università, ai presidi, ai ricercatori, ed al rettore: solamente conoscendo quali sono i nostri sprechi, quali sono i nostri investimenti si potrà mediare ed attutire i tagli, impedendo che l’università di Trieste cada nella disintegrazione e distruzione.
Sostengo l’idea di alcuni studenti, miei compagni di corso (Kit e Priel), di attuare dei gruppi di lavoro collaborativi tra studenti e docenti: è ora di riprendere in mano gli studi psicologici e pedagogici circa l’educazione scolastica, l’istruzione, la formazione professionale perché l’attuale riforma ha toccato, col decreto 137, punti importantissimi per lo sviluppo personale: classi separate per bambini stranieri, classi primavera, riduzione del sostegno per bambini diversamente abili.
L’organizzazione scolastica deve essere basata su ricerche, su studi e non su tagli campati in aria per salvaguardare il debito del paese.
Quest’articolo è voluto esser critico sotto tutti i punti di vista: non difendo l’università italiana, non difendo la nuova riforma, tantomeno quelle vecchie. Ho desiderio, credo come la gran parte di voi, di cambiamento, di riforme serie e razionali, di idee innovative e socialmente, pedagogicamente e psicologicamente corrette, costruttive per noi e per il paese tutto.

[allego una presentazione power point che potrebbe schiarirvi le idee: http://docs.google.com/Presentation?id=df7m4p3x_1gbb6bjfm ]

sabato 11 ottobre 2008

Gianni

Messaggio personale per Paolo Bullo: ieri go passà una serata insieme a Gianni Indian!
...me xe sta dito che te ga qualche storia in merito...

Curricula

[...Dovevo beccarmi con Gerbino per andare ad arrampicare; in quel momento però ero in macchina con Riccardo. Aveva venduto la sua Honda Civic per comprarsi una specie di Ford Taunus; la nuova macchina, che in realtà era vecchia (genere anni '60-70) era molto più brutta, grigia e stretta. Infatti dietro stavo schiacciata con la faccia contro il finestrino; e pensavo "chissà perchè Riccardo ha venduto la sua macchina per prenderne una più brutta e vecchia".
Cambio scena
Finalmente incontrai Gerbino; eravamo sotto casa mia, accanto la fermata del bus e discutevamo dei vari curricula; fuori diluviava; gli spiegai che nessun indirizzo mi piaceva, che comunque ero indecisa tra psicologia clinico-dinamica e tra psicologia del lavoro per la specialistica, e che avrei voluto, nel limite del possibile, portare avanti l'azienda di famiglia.
Gli inizia a spiegare tutti i vari pensieri: se avessi fatto l'indirizzo clinico-dinamico avrei seguito poi la strada della terapia psicosomatica; altrimenti, se avessi studiato per psicologa del lavoro, mi sarei sicuramente buttata in confcommercio o in politica per promuovere un sacco di progetti a favore dell'artigianato e del commercio tra i giovani (non volevo che i vecchi lavori: calzolaio, sarto... si perdessero).
Cambio scena
Lui molto gentilmente e col suo solito sorriso mi spiegò i vari indirizzi, concludendo alla fine che i due che mi davano maggiori sbocchi per la specialistica erano quello sociale e quello cognitivo.
Quello biologico era strettamente collegato alla riabilitazione, quello ergonomico invece dava pochi sbocchi futuri.
"Cavolo", pensai, "quello cognitivo!?" non l'avevo mai preso in considerazione vista la sperimentazione che c'è alla base... eppure sarebbe potuto essere un buon indirizzo, tanto "gira e miscia" gli esami della triennale son sempre quelli.
Conclusi che arrivata a casa mi sarei messa a guardare i vari esami del curriculum cognitivo.
Cambio scena
Era con qualcuno dentro una specie di tempio, era un misto tra ebreo, egizio e cattolico.
Pronunciai qualche parola inerente al popolo d'Israele e immediatamente si scatenò l'apocalisse: avevo appena innescato la fine del mondo.
Uscì di corsa dal tempio e chiamai mia mamma e mio papà; se quella era realmente la fine del mondo volevo vederli. Mimi, il mio adorato gatto, era rimasto a casa; con me invece c'era Pru, l'altro mio gatto, quello timido e pauroso. Dissi a Pru "da ora sarai tu il mio adorato gatto".
Salimmo su un enorme pullman, ma dovemmo spingere numerose persone per salire prima degli altri. Io riuscì a salire con in braccio Pru, mia mamma era già salita e mio papà l'avevo perso di vista.
Pru si divincolò e si nascose sotto un sedile iniziando a piangere rumorosamente...]


Note:
Ho visto cosa propone il curriculum cognitivo, ed effettivamente non l'avevo mai preso in considerazione vista la "psicologia cognitiva", che mi sta stretta e che non mi garba. Ma... gli esami che mi propone sono quelli che io voglio fare!
Dunque... al di là dei cognitivisti (di m***a), quello sarà il mio indirizzo per la laurea triennale.

martedì 23 settembre 2008

Udine

[...Io e Gubbo dormivamo nella stanza di Sid a Udine; dormivamo come stavamo realmente dormendo: sacchi a pelo, materassino gonfiabile. Ci svegliammo di notte all'improvviso e io notai una quantità spropositata di vermi bianchi e piccoli che brulicavano nell'angolo in fondo a destra, e dietro il mobile.
Cambio scena
Gubbo mi fece notare alcuni vermi, ma io ne vedevo molti molti di più. Erano piccoli, bianchi e facevano pure uno stridolio leggero leggero.
Cambio scena
Spostai il mobiletto ataccato al muro e dietro ce n'erano degli altri. Erano tantissimi e tutti orribilmente schifosi.
Cambio scena
Il mio compito era quello di toglierli...]

giovedì 11 settembre 2008

Vacanze valenciane

[...Eravamo io e Gubbo che camminavamo ai bordi di una specie di palude; le acque verdi di questa scorrevano entro un canale. Oltre il canale c'era una strada, e oltre ancora iniziava la spiaggia; una lunga spiaggia che le persone lì in vacanza raggiungevano con delle moto d'acqua navigando il canale paludoso.
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Continuavamo a camminare e io dicevo a Gubbo di stare attento a non cadere dentro, sia perchè l'acqua faceva schifo, sia perchè chissà cosa o chi si nascondeva in quell'acqua putrida e verdognola dall'odore marcio.
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Cademmo in acqua ed assieme a noi altre persone. All'improvviso un gigantissimo bisatto (anguilla), che sembrava più un'anaconda che un semplice sarpente d'acqua, uscì dall'acqua e iniziò a rincorrerci per mangiarci. Mangiò dapprima una ragazza che era caduta in acqua assieme a noi, poi altre persone, e poi diventammo noi due la sua preda.
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Iniziammo a combattere contro la bestia schifosa; Gubbo uscì dall'acqua, io continuavo a combattere. Nel frattempo si avvicinarono al canale una mamma, anziana, dai capelli ricci e biondi, con i due figli; uno dei due venne inghiottito di colpo dalla bestia. Così io riuscì ad uscire dal canale paludoso.
Cambio scena
Vidi la mamma che non preoccupata del fatto che uno dei due figli era stato mangiato disse all'altro: dai vieni, andiamo a prendere il gelato.
Cambio scena
Dopo alcuni giorni tornammo presso il canale, che era stato svuotato cosìcchè le bestie venissero uccise. Gubbo aveva con sè i rollerblade e si divertiva a pattinare dentro il canale, da una sponda all'altra. Ma all'improvviso chi si occupava del canale lasciò libera una pantera nera, che a me sembrava una tigre, così da vedere se questa aveva paura a correre nel canale o no.
Cambio scena
Urlai a Gubbo d'uscire immediatamente dal canale, che la tigre stava arrivando. Lui non mi ascoltava e io pensai che se le andava veramente a cercare...
Cambio scena
D'improvviso mi trovai a Valencia. Camminavo per la strada, era sera tardi e Gubbo non era li. Un uomo di colore, alto, grosso con qualche dente d'oro mi fermò e mi chiese qualcosa, che capii immediatamente esser qualcosa di sessuale. Feci finta di non capire e corsi via.
Cambio scena
Fuori da una gelateria gestita da turchi c'era la polizia, da cui andai per raccontare quel che mi era accaduto. Uno dei gestori sentendo quel che dicevo corse fuori e mi disse che l'uomo sperava che io mi prostituissi per lui e che se non era riuscito a convincermi allora avrebbe fatto una cattiva fine perchè non era capace di niente.
Cambio scena
capii che avendo fatto la spia me l'avrebbero fatta pagare o uccidendomi o rubandomi la borsa (di nuovo); inizia a camminare velocemente per il centro di Valencia cercando di nascondermi un po' tra la folla un po' tra le stradine. Arrivai in Plaza de la virgen e per fortuna incontrai Bedo, Samu, Riccardo che mi dicevano di star calma.
Cambio scena
Volevo un taxi per andare in Blasco Ibanez, dove sarei stata al sicuro. Chiesi al cameriere di chiamarmelo...]

sabato 19 luglio 2008

Ricongiungimenti famigliari

[...Io e Gubbo eravamo arrivati a Valencia; lui conosceva la strada che ci avrebbe portato al suo appartamento di Blasco Ibanez, io non molto esattamente ma mi ostinai a far di testa mia, infatti ci perdemmo. Giravamo con la macchina per la città; città che sembrava un po' Niagara, un po' Metropolis: città in salità, dal cielo rosso e grigio dall'aria post-moderna, dai grandi grattacieli illuminati e dalle grandi gru industriali. Continuavo a cercare Blasco Ibanez.
Cambio scena
Gubbo doveva incontrare dei suoi vecchissimi parenti che erano immigrati in una terra straniera anni orsono. Dapprima conobbe due ragazze, erano le figlie di una cugina di suo papà; entrambe more, coi capelli mossi. Gli dissero come si sarebbe svolto il tutto: la cena, gli incontri con gli altri parenti... etc...
Cambio scena
Io lo accompagnai a vestirsi nella staza che aveva affittato proprio sopra il salone entro cui ci sarebbe stato l'incontro con tutti gli altri.
Cambio scena
Arrivo il giorno e l'ora delle presentazioni: c'erano vari zii, cugini, parenti della nonna... tutti erano imparentati dalla parte paterna, comunque!
Conobbe tutti salvo una persona, di cui non ricordava nemmeno l'esistenza: sua nonna, la mamma di suo papà. Lui non voleva conoscerla perchè sapeva che lei non mi avrebbe approvato; non avrebbe approvato nulla di ciò che io le avrei raccontato. Lei si presentò come una donna abbastanza vecchia, dai capelli corti e grigi, con una collana di perle che cadeva su un bellissimo taier. Mi presentai e logicamente ebbe da ridiere sui miei studi, che erano superficiali ed insensati.
Cambio scena
Durante la cena andai in bagno ed ebbi l'occasione di conoscere un ragazzo, non molto alto, dai capelli ricci e un po' rossi e dalla pelle bianchissima... non aveva nulla di famigliare con mio moroso. Si presenta e appena ha l'occasione cerca di violentarmi; io spaventata scappo e racconto tutto a mio moroso, il quale mi dice di non preoccuparmi.
Dopo qualche giorno venni a sapere che questo ragazzo non c'entrava nulla con la famiglia di Gubbo e che era un infiltrato...]

Sensualità femminile

[...Ero in campeggio a Lazzaretto, assieme ai miei nonni, ai miei genitori e dall'altra parte del campeggio c'era pure Yola. Dovevamo andare al mare assieme; c'era bel tempo, faceva pure caldo, ma qualcosa mi diceva che non era tempo nè giorno d'andare in spiaggia. Iniziammo a preparare tutte le borse per la spiaggia, i materassini e pure una valigia con dentro un sacco di vestiti. Preparata e vestita avevo con me un borsone e un'altra borsa dentro cui c'erano materassini, stuoie...
Cambio scena
Sarei passata a prender Yola col motorino ad una certa ora. Il motorino posteggiato dietro la roulotte si rivelò un vecchissimo "ciao" che aveva le sembianze più d'una bicicletta, anzichè d'u motorino. Io non sapevo guidarlo quell'aggeggio! Come cavolo avrei fatto? Panico totale; ero in ritardo, Yola stava aspettando e non avevo un mezzo per andarla a recuperare.
Le soluzioni erano due: mi sarei potuta rintanare nella roulotte e far finta di niente, come andar fin lì a piedi, ma ci avrei messo una vita. I miei genitori mi dissero che non avevano l'auto, pertanto o guidavo quello strano aggeggio o non c'era nulla da fare. Facendo un due calcoli capii che se mi fossi portata dietro tutte quelle borse allora sarei caduta dal ciao; quindi dovevo eliminare qualche valigia; per non parlare del fatto che Yola pesava più di me e che avrebbe sicuramente avuto più borse di quelle che avevo io.
Cambio scena
Ci trovammo in una specie d'aula magna, come quella di economia; ma molto molto più grande. Dentro c'erano un sacco di vestiti e ancor più manichini. Paolo Guglia coordinava la gente affinchè questa togliesse gli abiti dai manichini, se li provasse e li mettesse sugli appositi appendiabiti; così da ordinare il tutto ed allestire l'auditorium per l'esibizione di abiti.
I manichini erano posseduti da spiriti cattivi, me ne accorsi perchè mi sorridevano e mi facevano facce: avevano denti appuntini e sguardi assassini; e quando qualcuno osava spogliarli per indossare i loro vestiti queste persone divenivano immediatamente indemoniate.
Cambio scena
Vidi una ragazza, bella, alta, capelli lisci mori e ben tenuti, magra e ben vestita. Indossava un vestito indemoniato... dunque iniziò a non esser più lei. Ci appartammo ed iniziammo a baciarci: la guardia dell'aula magna ci scrutava con la punta dell'occhio. Che io fossi diventata un'esibizionista? pensavo solamente ad una cosa: per me era normale e naturale baciare una ragazza, nonchè portarmela a letto; per tutti gli altri non lo era; quindi dovevo assolutamente aprofittare della situazione: le ragazze erano possedute, disinibite, quindi avrei potuto far di loro quel che volevo... (Marco non sarebbe stato contento di ciò...).
Cambio scena
Capii all'improvviso che non mi piaceva baciare quella ragazza: aveva i denti storti e un po' rovinati dal fumo; quindi la scacciai.
Cambio scena
Tornai dentro l'aula magna; Paolo Guglia continuava a coordinare la gente non sapendo che togliendo gli abiti ai manichini tutti sarebbero diventati posseduti ed indemoniati.
Cambio scena
Puntai gli occhi su un manichino biondo, capelli lisci fin le spalle, con la frangia; faccia da porcellana, perfetta, senza una ruga. Questa mi sorrise: gli occhi divenirono rosso fuoco e i denti appuntiti e maligni. Col pensiero mi disse "non riuscirai a far desistere gli altri". La bambola aveva capito che io sapevo... io le risposi con una smorfia... ma lei continuò "gli altri ci spoglieranno e diverranno indemoniati, non fermerai tutto questo"...]

lunedì 14 luglio 2008

Povero Riccardo!

[...eravamo io, Gigi, Luca, Nik, Riccardo e la sua ragazza.. e altri miei amici in un pub. Seduti attorno ad una tavola chiacchieravamo; la ragazza di Riccardo era leggermente in disparte, priva d'attenzioni si sentiva trascurata. Lei non era per niente felice che io fossi amica di suo moroso, infatti cercava di convincerlo a non vedermi nè sentirmi più.
Cambio scena
Io e tutti gli altri ridevamo e scherzavamo... tutti erano interessati ad un fatto che stavo raccontando; salvo lei, che nuovamente mi guardava con occhi di fuoco. Era mora e piccolina, molto diversa da come sono io; estremamente possessiva, e gelosa.
Cambio scena
Decisi che volevo darle fastidio, perchè il suo sguardo minacciosamente ridicolo mi infastidiva; e mi infastidiva pure ciò che cercava di inculcare a Riccardo su di me "cerca di farci litigare, è gelosa, mi odia..." ripeteva al ragazzo.
Cambio scena
Di colpo presi Riccardo e abbracciandolo e scuotendolo gli urlavo "sei proprio un gay, sei proprio un gay". Tutti ridevano, Nik in particolare che si godeva la scena e la faccia di Riccardo; tutti salvo lei, che cercò di fermarmi, si prese e se ne andò via... sperando che il moroso la seguisse, ma nulla: lei si alzò. Uscì dalla stanza a capo chino. Lui non se ne interessava minimamente: continuò a ridere e scherzare assieme a noi...]

giovedì 10 luglio 2008

Feticismo psicoanalitico

[...Erano finalmente usciti i voti degli ultimi 3 esami: psicanalisi, storia e metodi della psicologia e qualcosa come psicopedagogia. I voti erano stati esposti dalla Pellizzoni in una bacheca presso un'antica cantina. Questa cantina era grigia e piena di vecchie cose di metallo; in una parte di essa c'erano delle scalette che portavano in un piccolo vano, accanto al quale c'era la bacheca con tutti questi voti.
Cambio scena
Ero andata lì con Yola. E oltre a noi due la vecchia cantina era piena di mamme di studenti che guardavano i voti, io pensai che questi studenti erano piccoli e avranno avuto all'incirca non più di 10 anni. Cercai il mio voto di psicanalisi; e questo non era scritto in trentesimi come era solito fare, bensì in rapporto parte superata dell'esame, parte non superata. All'inizio guardai e c'era scritto 59/69 (il 59 mi sembrava un 29 perchè era stampato male, quindi così d'impatto pensai che avevo preso 29... poi m'accorsi che erano altri i rapporti). Chiesi perchè la Pellizzoni aveva preferito far così, anzichè com'eravamo tutti abituati. Mi venne risposto che le era più semplice. Infatti accanto vidi scritto che io avevo superato 2/3 dell'esame. Inizia a fare dei calcoli e venne fuori che il mio voto corrispondeva forse ad un 25. Non ero per niente contenta.
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Ora mi basai sugli altri esami, e di loro avevo passato solo 1/3 dell'esame... non ero affranta, ma incazzosa ed inacidita perchè non capivo cosa avevo potuto sbagliare. Poi pensai: ma l'esame di psicologia dinamica e quello di psicanalisi che ho fatto solo lo stesso o due diversi? mah!?
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Ora eravamo io, Michele, una ragazza mora e piccolina e Yola fuori dalla facoltà, che fisicamente sembrava un po' il galilei, un po' il porticato del bar del campeggio di lazzaretto, un po' il nordio. Infatti era il nordio, benchè lì si tenessero le lezioni della facoltà di psicologia ed architettura. Dovevamo sostenere l'esame di psicanalisi; entrammo e cercammo dapprima una stanza per ripetere, poi avremmo cercato quella vera e propria dell'esame. Dentro la scuola era pieno di ragazzi che andavano da una stanza all'altra; e le porte erano fatte in modo molto strano: un misto tra blu acciaio e ceruleo, al posto della maniglia c'era un triangolo di metallo, e non c'era la maniglia vera e propria; chissà come si potevano aprire queste porte...
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Proseguimmo con la nostra ricerca dell'aula, finchè capitammo in un grande atrio dentro il quale c'erano diversi studenti che stavano studiando, ripetendo, ripassando... ma quest'atrio dava diretto su un'aula dentro la quale si stava facendo lezione; l'aula infatti aveva una finestrella nella parete grazie alla quale si poteva vedere e sentire tutto.
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La ragazza piccola e mora con cui ero la entrò nell'aula, fuori dalla quale c'era l'etichetta: farmacologia. La professoressa, riccia, bionda, un po' simile alla Passolunghi, si arrabbiò e chiese alla ragazza: chi era, cosa ci faceva la, e se era quantomeno in grado di dirle che corso fosse quello. Io dall'esterno cercavo di suggerirle che forse era un corso di architettura... ma la ragazza mora rispose che era un corso di "esplosivi". Al che la professoressa simile alla Passolunghi le disse che non era assolutamente così e le chiese scortesemente di lasciare l'aula. Io mi chiedevo perchè non poteva assistere considerando che non eravamo a scuola, e che non c'erano le classi predefinite.
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(fuori pioveva e diluviava) Ci sedemmo tutti attorno ad un tavolo nell'aula accanto a quella entro cui si stava facendo la lezione. D'improvviso entrarono due ragazze mezze nude, bionde, che parlavano un italiano accentato, e dall'aspetto alquanto fetish: indossavano un paio di mutandoni neri di pelle con delle cinghie che scendevano; una cintura borchiata e null'altro. Su entrambi i capezzoli avevano due piercings: uno di metallo e sopra uno blu, avevano dei guanti di pelle e delle scarpe coi zatteroni in pelle lucida. Una delle due ragazze aveva i capelli leopardati raccolti in una coda anni '80, l'altra li aveva sciolti; mi chiesi perchè indossassero un paio di mutandoni "della nonna" anzichè un perizoma o un tanga...
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Una delle due ragazze girava tra i banchi e distribuiva fotocopie, l'altra, quella con la coda anni '80 faceva lo stesso, ma lei pure parlava. Valentina, la mia compagna di corso, appena le vide disse: eccole, sono loro quelle due che avevo conosciuto alla festa! e le riconobbe come facce note. Quella con la coda disse "e si, lei è la mia conquilina" riferendosi all'amica fetish, e poi si corresse "non inquilina, ma concubina" alludendo a qualcosa di prettamente sessuale; come se le due si dessero al sesso fetish dalla mattina alla sera, ma come se tra le due fosse proprio lei, quella con la coda, a portare avanti i giochi...]

lunedì 7 luglio 2008

Rioni popolari e associazioni altolocate

[...dovevo dare l'esame di psicologia generale. Ma il luogo in cui l'avrei tenuto non era la solita Trieste, bensì presso la Confocommercio di Milano; dunque dovevo partire verso Milano al più presto possibile. Ero con Simona nella sua '500 rossa, stavamo andando un po' verso Milano, un po' in giro a caso: erano le 7 del mattino, ci trovavamo sul curvone di Valmaura e incontrammo Cristian. Era in motorino e stava male: aveva un febbrone terribile, che non scendeva, ma anzi saliva. Ci raccontava che stava vagando per la città un po' a caso. Aveva sonno, febbre e mal di testa.
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Io e Simona eravamo in ritardo, molto in ritardo. Io dovevo essere a Milano, ed erano già le 7; lei doveva fare l'esame della maturità, ma non sapeva nè dove, nè quando. Avevo paura di arrivar tardi, perchè comunque fossero andate le cose non sarei mai arrivata puntuale. Il mio perenne e cronico ritardo mi angosciava. L'altro pensiero concerneva la Confcommercio, chissà se ci sarebbero stati Rigutti, Paoletti, Cespa... o chissà se a Milano erano altri i componenti dell'associazione.
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Partimmo verso Milano passando di nuovo un po' per Valmaura; nel frattempo Cristian era sempre lì fermo sulla sua moto posta sul curvone; passammo un po' per la stazione un po' per l'autostrada. Ma era comunque terribilmente tardi! Non ce l'avrei fatta! ...]

lunedì 16 giugno 2008

Inconcepibile tradimento

[... Le mie gambe erano piene di peli perchè non facevo la ceretta da almeno un mese. C'era caldo e giravo per le bancarelle sulle rive vestita con una grande maglia bianca di almeno 5 taglie più della mia, con le gambe nude e pelose all'aria! Mi vergognavo molto di tutto ciò, ma ero dovuta scappare di casa di corsa e non avevo avuto il tempo nè di depilarmi, nè di vestirmi decentemente! Guardavo e guardavo le bancarelle, sperando che nessuno notasse le mie gambe!
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Incontrai un ragazzo, bello fisicamente, ricco e di buona famiglia; mi ricordava il famoso Fabio di Milano che avevo conosciuto all'età di 12 anni a Rovigno. Forse era lui, forse no.
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Iniziai a bere alcol su alcol, bicchieri su bicchieri, senza fermarmi... totalmente ubriaca vagavo per le bancarelle cercando zucchero filato e caramelle, ma imbattendomi in "Fabio" gli chiesi un passaggio a casa: dovevo essere a casa almeno entro il giorno seguente, perchè sarebbe tornato mio moroso dalla Spagna.
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Il giorno dopo ci riincontrammo: lui desiderava vedermi per comunicarmi alcune cose... come il fatto che quella notta, totalmente in preda all'alcol mi ero lasciata violentare numerose volte, senza porre resistenza. Io non ci credevo e speravo che scherzasse... Come avrei potuto tradire così Marco? Come!?
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Marco tornò dalla Spagna, e nel momento in cui lo vidi stetti zitta, per paura che lui si arrabbiasse con me; per paura che lui pensasse che io l'avevo voluto tradire. Non riuscivo a guardarlo in faccia, e stavo malissimo. Mi veniva da vomitare per il dolore provocato a me ed a lui. Mi facevo schifo e avrei preferito morire piuttosto che sapere che l'avevo tradito. Non ci credevo... per il semplice fatto che mai avrei potuto convivere con il pensiero di aver tradito mio moroso. Ma dopo pochi minuti gli dissi che forse l'avevo tradito, ma che non ne ero sicura. Non ne ero sicura perchè ero priva dei sensi, e perchè questo era ciò che mi era stato raccontato da "Fabio", noto come famosissimo "Don Giovanni".
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Io non sapevo più in che mondo vivevo, nè sapevo se potevo ancora fidarmi di me stessa. Sapevo però che i miei sentimenti erano reali, non avrei sofferto come ho fatto, altrimenti...]

venerdì 13 giugno 2008

La fine del mondo

[...C'era la neve, ma non faceva poi così freddo. Dalla collina potevo vedere tutta la città, e soprattutto la pista di plastica da sci vicino alla casa dei miei nonni. Continuava a nevicare, e tutti sapevano che la fine del mondo era vicino... ma nessuno aveva voluto ascoltarmi quando dicevo di costruire un bunker. Nessuno! L'unica via di fuga era la speranza, ormai. Quella data era già arrivata... gli ultimi 4 anni della mia vita erano passati velocissimamente: non avrei mai aperto il mio studio, non avrei mai preso la seconda laurea in lettere classiche, nè avrei mai avuto dei figli... Avrei potuto viver di più...
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Chiamavo mio papà insistentemente perchè dovevo raggiungere lui e mia mamma per metterci in salvo. Al momento ero dal ragazzo a cui do ripetizioni, e proprio in quell'istante mi chiamarono i genitori di un ragazzo adottato per chiedermi quanto prendevo all'ora e se ero referenziata: dissi loro che Nicolò (il ragazzo a cui do ripetizioni) grazie a me era passato dal 5 al 7 in filosofia. Loro mi chiesero se ero razzista, perchè se così fosse non avrei mai potuto dar lezioni private al loro figlio.
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Finalmente trovai i miei genitori; discutevamo sul dove nasconderci e ripararci. Sapevamo che a breve ci sarebbero stati inondazioni, terremoti, frane, colpi di sole... Dove ripararci dunque? nessuno lo sapeva... e da dire che io ero da anni a conoscenza che il mondo sarebbe finito! Ma nessuno aveva mai voluto ascoltarmi... Chissà se Marco in spagna si sarebbe salvato.
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La casa dentro cui cercammo riparo era vecchia come un rudere, e stracolma di antichi mobili ottocenteschi nascosti sotto grigie lenzuola. Forse ci avrebbe salvato lo spirito della vecchia casa...]

P.S. il sogno è correlato all'angolatura del sole

domenica 8 giugno 2008

L'angolatura del sole

[...Chiamai Zia Lella, la mia zia! e le dissi di trovarci con la macchina proprio fuori dalla galleria di piazza foraggi (sotto casa mia). Dovevamo trovarci dopo 10 minuti. Presi la macchina ed iniziai a guidare per via settefontane, via donadoni... ma l'auto si ruppe: uno stupido mi diede dentro rompendola totalmente! Dovetti proseguire con l'auto rotta: guidavo solo coi freni.
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Cambiai strada perchè mi accorsi improvvisamente che dovevo prendere i due imbraghi per mio papà e per il suo amico, che dovevano arrampicare verso il sole con una corda rigida speleo, anzichè con una da arrampicata! Diedi all'amico di mio papà il mio imbrago, ma gli stava decisamente piccolo, quindi ne cercai un altro. Sapevo che mia zia mi stava aspettando la, e sapevo pure che ero terribilmente in ritardo, ma in quanto ritardataria mi avrebbe aspettato! Il tempo passava e la sua Fiesta viola era sempre posteggiata lì della galleria ad aspettarmi (io logicamente non la vedevo, ma sapevo che era così).
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Mio papà e l'amico, che forse era più un conosciente che un amico, arrivarono sulla barca in mezzo al mare: una barca sotto il sole. Dovevano girare l'angolatura del sole, che avrebbe sennò distrutto la terra entro breve. Io li guardavo dal basso e temevo per la loro vita, ma arrampicare è una cosa che sa fare chiunque, quindi la preoccupazione era più per il calore del sole...
E per fortuna che avevano l'imbrago e la corda rigida, pensai... ]

sabato 31 maggio 2008

Scorci notturni II

Avevo cercato di chiamare un certo Marco, e la TIM mi mandò un sms con scritto che i soldi nel cellulare erano 22,07 euro

Posteggiavo in via Resmann, e Pierpaolo (papà di mio moroso) dalla finestra guardava tutte le mie manovre

La percezione degli altri

[...Eravamo io, Marco Pedicchio, Nik, Bedo, Yola, Riccardo e stavamo comperando i biglietti per andare a vedere l'ultimo Indiana Jones, alle torri. In quel momento eravamo seduti al bar, ed io stavo sulle gambe di Marco, chissà Nik avrebbe potuto pensare che io stessi con lui. Comprammo i biglietti ed entrammo.
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Io entrai per prima, gli altri dovevano prendere pop corn, andare al gabinetto... Indiana Jones era stato proiettato nella sala 5, che al momento era la sala vicina ai bagni. Avevo il posto 16A, peccato che invece che 16A sulla sedia del cinema c'era scritto 16AM e c'erano pure dei giubotti con degli zaini, non sapevo che fare, quindi chiesi a degli spettatori se dall'altra parte della fila c'era il posto 16A. Ma loro mi dissero che era proprio quello il posto 16A, benchè ci fosse scritto 16AM. C'erano però dei giubotti quindi mi guardai in giro per capire se c'erano 6 posti vicini per non disturbare chi aveva occupato il mio posto impropriamente, ma nulla da fare. Dunque mi venne in mente che alcuni di noi 6 avevano preso il biglietto in ritardo e quindi non saremmo per nulla al mondo stati seduti vicini! Per fortuna gli zaini erano delle due signore della fila davanti che spostarono tutto molto velocemente sistemando gli averi in una maniera quasi maniacale.
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Ci sedemmo ma ci ritrovammo nella prima fila; davanti a noi c'erano lo schermo e dietro lo schermo c'era la vetrina che dava dritta sulla fontana delle torri. Tutti guardavano dentro ed io non riuscivo a porre attenzione al film, quindi me ne andai.
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Mi ritrovai a camminare per Via del Lazzaretto Vecchio assieme a Riccardo e ad un altro uomo. Riccardo mi importunava e mi infastidiva chiedendomi cose sul sesso anale, dunque lo guardai negli occhi e lo mandai a cagare con tutto il cuore. Cercavo di tirare pugni a Riccardo, ma un po' inutilmente considerando che mi teneva ferma per le braccia! Mi diressi dunque verso il baretto in cui erano andati quegli altri dopo aver visto il film. Entrai e c'erano pure Ruben e Pod.
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Tirai fuori il cellulare, e solamente dal tatto capii che non era il mio telefono: Pod e Lollo Matt avevano scambiato il mio con quello di Pod. Dunque irritata volli il mio indietro, ma nel cambiare la scheda mi cadde tutto a terra. Ruben prese dalla mia borsa la ricevuta della parrucchiera e iniziò a leggere dicendo che ero brutta, stupida e come una biscia. Al che gli risposi che lui puzzava, che era peloso e antipatico. Lui si alzò e stava per tirarmi un pugno in faccia quando lo feci ragionare: Ruben, se tu insulti me, io insulto te. Quindi accettalo! Lui tornò a sedersi dov'era e si zittì!
Cambio scena
Yola uscì di corsa dal baretto, vestita molto elegante: aveva un paio di stivali in pelle grigi, pantacollant e una maglia abbastanza lunga. Fuori aveva appena iniziato a diluviare; le chiesi dove stava andando e lei mi rispose che Marco la stava aspettando per andare a cena che aveva cucinato la pizza. Io non capivo perchè se ne stesse andando in quel momento: la serata non era ancora iniziata! Uscì di corsa, ma mise un piede in una pozzanghera; piangeva disperata perchè le se erano bagnate le scarpe, dunque se le tolse e camminò scalza sotto l'acqua bagnandosi totalmente. Io le dissi che se si spogliava faceva peggio e che comunque non c'era problema perchè erano solo che vestiti! vestiti e nient'altro! ma lei mi rispose che erano i vestiti di Londra e che erano troppo importanti per farsi bagnare...]

lunedì 26 maggio 2008

Ingegneria ambientale vs Scienze ambientali

[...Ero seduta attorno al tavolo in cucina assieme ai miei; sui soliti posti: io in mezzo, mia mamma alla sinistra e mio papà alla destra. Discutevamo del fatto che Marco, mio moroso, stava dando un sacco di esami. Mio papà mi chiedeva cosa stesse studiando esattamente in Spagna. Io gli spiegai che a Trieste faceva ingegneria ambientale, mentre in Spagna scienze ambientali. Mio papà dunque mi chiedeva quale fosse la differenza perchè a lui sembravano uguali. Gli dissi che studiando ingegneria si diventava ingegnere, studiando invece l'atra cosa non lo si diventava, e anzi non di diventava nulla! Dunque lui non vedeva il problema.
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Nemmeno mia mamma vedeva il problema: mi chiese dunque di farle un esempio affinchè capissero la differenza tra le due facoltà. Io le dissi che ad ingegneria si studiava principalmente fisica quantistica e fisica matematica, mentre a scienze ambientali non si faceva nulla di tutto ciò, ma in compenso si facevano belle e rilassanti passeggiate nei boschi.
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Mio papà capì immediatamente la differenza e disse che Marco aveva certamente scelto in maniera adeguata poichè era una persona molto intelligente, anche se troppo statica e poco sciolta. Mia mamma continuava a non capire... ma si illuminò tutto d'un tratto!!!
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"Come la Carlao!!! Come la Carlao!!!" urlava per la cucina. Io le chiesi "Come la Carlao cosa?"; mi rispose che anche la Carlao aveva studiato per molti anni, e molto approfonditamente la fisica matematica e quella quantistica. Continuò ad urlare "Come la Carlao" interrompendo mio papà che continuava ad interessarsi circa gli studi di mio moroso...]

sabato 24 maggio 2008

Antichi presagi

[... io e Michele andavamo avanti ed indietro per la città, che non somigliava per nulla a Trieste, ma che era Trieste! Prima ci fermammo in un pub texano un po' all'aperto, dove iniziammo a bere molta birra. Stavo così bene in sua compagnia... e avrei tradito volentieri mio moroso, senza tanti se, tanti ma!
Cambio scena
Giravamo per questo pub, che divenne poi una sorta di luna park in riva al mare. Eravamo totalmente ubriachi, tanto che lui mi reggeva per non lasciarmi cadere. Non mi preoccupavo di nulla, tanto sapevo benissimo che mio moroso era in Spagna.
Cambio scena
Dovevo assolutamente trovare una buonissima bottiglia di vino da portare a cena! Michele mi indicò la bottiglia che stava sull'antica barca in legno ormeggiata in porto; barca questa che era visitabile, ma anche piena di spiriti.
Entrammo nella barca strisciano dall'oblò; era piccola dentro, e provavo un terribile senso di claustrofobia; mi tolsi il cappotto e cercai di mettermi a mio agio. Il mobile che conteneva la mia bottiglia di vino era ricco di bacardi e vodka, tanto che tra tutte quelle bottiglie non riconoscevo il vino che doveva rubare!
Cambio scena
Entrai nelle stanze da letto della barca: in una stanza c'era una bambina di circa 7 anni, con una lunga camicia da notte bianca, dal viso pallido, e dai lunghi capelli biondi raccolti in due trecce che mi raccontava che a forza di esser stata richiamata dal mondo dei morti ormai il suo spirito era intrappolato in quella barca. Distesa sul letto, ranicchiata e dal corpo totalmente rinsecchito c'era sua sorelle; più piccola di lei, e morta in tenerà età... Mi facevano paura quelle bambine, non volevo guardarle perchè erano spiriti, erano morti che mi parlavano. E sapevo in quel momento, come ho sempre saputo, che una volta affrontata la paura di guardarli in faccia, si sarebbero ripresentati per chiedermi aiuto; perchè io il dono ce l'avevo...]

venerdì 23 maggio 2008

Scorci notturni

Le ballerine nere erano talmente rotte, perchè le avevo calpestate saltantodi sopra, che non potevo più indossarle: nonostante ciò volevo metterle comunque.

Le coste delle Bretagna erano estese, ricche di dirupi sul mare; ma il tempo, benchè l'acqua fosse di un limpidissimo blu dalmazia, era terribilmente temporalesco.

Mi tagliavo i capelli da sola.

Dopo il primo appuntamento

[...Ero a casa di Vincenzo e Lucia, a Rochester, in America. Uscì dalla porta che dava sul bellissimo giardino verde e fuori ad attendermi seduta dietro ad una grande scrivania grigia c'era la psicoterapeuta. Ma era veramente lei? o era una sostituta?
Cambio scena
Inizia a ricordare della prima volta che entrai nello studio. Fui introdotta lì da un uomo, alto, abbastanza grosso e mezzo spelacchiato, con gli occhi, età circa 35 anni. Lui era una sorta di segretario, ma operava pure lui nel campo della psicoterapia.
Cambio scena
La nuova psicoterapeuta che mi stava attendendo dietro la scrivania in giardino non era quella che avevo già conosciuto. Anche questa aveva i capelli rossi, ma non era bella come l'altra; anche questa aveva un taglio corto, ma non come quello dell'altra. Io volevo l'altra! Non volevo lei! Non sapevo nemmeno chi fosse e sembrava ignorante, come una che aveva studiato dai giornaletti o dai siti internet, e per di più mi parlava solo che in triestino!
Cambio scena
Le feci capire che volevo la Lorenzi e non lei! ma mi venne risposto che la Lorenzi non aveva più posto per me, che era troppo impegnata...
Io non capivo se dovevo rassegnarmi ed iniziare con questa nuova sconosciuta... o se insistere! ...]

venerdì 16 maggio 2008

Tempo di guerra

[...Ero assieme ai miei vecchi compagni di classe, alla gente della SAS ed alla mia vecchia prof di ginnastica, la Pittoni. Ci guardavamo tutti attorno, in questa grande aula magna rossa, sporca, e piena d'edera. Dovevano allenarci.
Cambio scena
Era tempo d'andare a Valencia assieme a quelli della SAS, e per fortuna che la casa che avevamo affittao era letteralmente dietro l'angolo, e anche già aperta: c'erano le chiavi appese alla porta. Entrammo e feci vedere a Francesca che non era per niente male la casa, lei annuì dicendomi che era proprio carina!
Cambio scena
Tornammo in aula magna, c'era persino Luigi Calligaris, che era tornato dalla Normale di Pisa! Chissà perchè! Forse per salutare la Pittoni, o forse per venire a Valencia con noi.
Cambio scena
Sbarcarono immediatamente gli americani; erano venuti a salvarci dalla guerra che era appena scoppiata tra l'occidente e l'oriente (cinesi principalmente, ma pure islamici). Uscì a vedere chi erano questi americani, che si accamparono per strada, nei bunker della città, ed in riva al mare: erano giovani ragazzi, ma soprattutto giovani ragazze: belle, alte, bionde, formose, e molto preparate militarmente! ...]

sabato 3 maggio 2008

Segnali premonitori

[...Stavo entrando nella stanza buia, quella dove c'erano i gatti morti. Ma morti come? c'era lì un addetto speciale che li prendeva per il collo e iniziava a sbattergli la testa contro il muro, finchè questa non si spiaccicava, fino a scomparire. L'addetto mi fece vedere questo gatto con la testa totalmente frantumata ed insanguinata... io non capivo perchè facevano questa cosa. Cambio scena Mi disse di prendere in mano un gatto, quello nero, e di sbattergli la testa contro il muro fino a quando non sarebbe morto. Io non riuscivo a fare ciò perchè pensavo a Mimi e Pru , i miei due bellissimi gatti, ma in qualche modo ero obbligata nel farlo. Se volevo entrare nella setta dovevo uccidere il gatto...]

...Vidi il giorno seguente a San Giacomo un gatto morto in mezzo alla strada, con la testa schiacciata da una macchina ed attorno a lui del sangue; accanto c'era un altro gatto, fermo immobile che lo osservava, forse sperando che si rialzasse dall'asfalto...

mercoledì 30 aprile 2008

Dieci modi per mandare tutto a puttane

1) Essere gelosi ossessivi
2) Avere perennemente le palle girate
3) Essere polemici, anche se si ha torto
4) Non farsi gli affari propri, soprattutto nei modi meno etici, quelli che fanno nascere i "bellissimi sensi di colpa"
5) Non parlare e non dire quel che si pensa
6) Creare stupidi giochi autolesionisti che mettano a dura prova la persona che ami
7) Far finta che tutto vada bene
8) Essere ignari della parola "fiducia"
9) Cercare continue conferme paragonando se stessi alle altre donne
10) Non capire mai un cazzo di te e della persona che ami

Quindi se vuoi che la tua storia vada lentamente e precipitosamente a puttane utilizza l'efficacissimo metodo "Giara": non te ne pentirai (al momento) perchè se sei orgoglioso, permaloso, stupido e poco coerente sarai sicurissimo d'aver ragione e di esser il detentore della verità; ma come per magia la realtà ti sorprenderà, con un colpo di scena, facendoti rimanere a bocca aperta e facendoti pensare "Quanto son mona!". Metodo efficace con chiunque, anche con chi non si arrabbia ed ha tanta pazienza; testato personalmente.
Quindi amici (lettori) se siete terribilmente innamorati ma amate il rischio, quello vero da cui forse non potreste mai tornare indietro: seguite il fantastico metodo "Giara"; altrimenti se siete innamorati ed un po' coscienziosi unitevi anche voi al fantastico fan club "Giara è stupida", di cui io sono fondatrice, socia onoraria, ordinaria, coordinatrice e soggetto del club!
Il prodotto non è acquistabile, ma solamente imitabile...
Detto ciò vi auguro di vivere meglio e di cambiare atteggiamento! Saluti!

lunedì 28 aprile 2008

Ritardi ed attese

[...Era tardissimo e dovevo prendere la 48 da casa di mia nonna; l'autobus avrebbe viaggiato per giorni e giorni ed io ero in ritardo. Dovevo presentarmi a scuola, in città e ad un concerto dei Red Hot Chili Peppers. Persi il primo autobus, ed anche il secondo.
Cambio scena
Fuori ormai era notte, il cielo era rosso fuoco e pioveva lava dal cielo, lava e pioggia ricoprivano la strada. Guardavo Trieste dalla finestra del soggiorno di casa di mia nonna e tutto era rosso inferno.
Cambio scena
Finalmente presi la 48, dopo ore di ritardo: passammo sopra ad una camionale e per delle stradine medievali piccolissime e molto strette; il tempo nel frattempo non era cambiato: anzi peggiorato.
Cambio scena
La 48 fermò proprio vicino al luogo del concerto: un grande palazzone in cemento diroccato e mezzo distrutto, situato nella periferia di ogni città, quasi ai margini della civiltà e della realtà; onde umane si dirigevano verso l'entrata, chi coi biglietti, chi senza. Io il mio, m'accorsi, d'averlo perso. E ora come avrei fatto? Quello era il biglietto che mi aveva regalato Nik per riallacciare i rapporti.
Cambio scena
Entrai benchè il concerto fosse già iniziato da un bel po', e stavano proprio suonando una delle mie canzoni preferite: Slow Cheetah http://it.youtube.com/watch?v=AR6daoLd1VY. Mi venivano le lacrime: avevo perso il biglietto che mi aveva regalato Nik, non potevo esser lì mentre suonavano quella canzone. Entrai di corsa, totalmente vestita di nero, e mi recai subito nelle stanze-letto che stavano sotto il palco. Queste erano formate da delle vecchie mura di cemento, senza tettoia: dentro c'erano Nik, Marco il moroso di Yola, e ancora qualcuno che conoscevo. Tutti erano mezzi nudi e si stavano cambiando per assistere al concerto. Io stavo solamente aspettando loro...]

Ricordi giovanili

[...Parlavo assieme a qualcuno delle varie discoteche che erano frequentate nel periodo delle medie: mandracchio, jack in the box, vanilla... e parlavo pure di chi le frequentava: "Stipa", mio compagno di classe di cui mi ero terribilmente infatuata perchè più grande, bocciato, rozzo e deliquente; "Salvo", mio compagno di nuoto, più grande, alto, moro e che andava già alle superiori.
Cambio scena
Mi trovai a casa di Allegra, mia compagna delle medie; ero seduta sul divano del suo bellissimo salotto, proprio davanti al caminetto, e vicino c'era Stipa che stava pensando d'andare al Mandracchio: se lui c'andava allora ci sarei dovuta andare anch'io, pur di conquistarlo.
Cambio scena
Al piano di sotto c'era un cinema porno degli anni '20: donne nude in bianco e nero si spogliavano dinanzi a uomini dai baffi colti, esibendo le loro forme e lasciandosi andare al sesso più sfrenato.
Cambio scena
Al piano superiore invece, proprio nella sala da pranza, seduto attorno ad una tavola rotonda c'era il mio professore di psicologia sociale A. Carnaghi, che mi diceva che benchè la società non accettasse la pornografia io dovevo guardare quei film, perchè mi avrebbero istruita per la mia carriera da sessuologa...]

Non è mai troppo tardi per ricominciare

[...diluviava a dirotto; presi la moto e passai la galleria di Montebello: dovevo andare al Galilei. Dato che pioveva attaccai la mia moto, di vecchio stile, al portapacchi di una vecchia zastava rosso mattone modello sovietico! Chi la guidava non si accorse di ciò, quindi io dovetti rincorrerli per tutta via vergerio; ma questi improvvisamente girarono contromano per via del ghirlandaio, poichè dovevano mettere la "bellissima" macchina nel garage! Io li rincorsi dicendogli che dovevo prendere la moto.
Cambio scena
Presi la macchina perchè pioveva decisamente troppo: la mercedes bianca. Erano quasi le 8.10 e stava per iniziare scuola: era veramente tardissimo. Mia mamma mi trovò un parcheggio sotto il portone di casa di Marco, il moroso di Yola. Io le dissi di attendere: tornai a casa con la macchina perchè dovevo assolutamente truccarmi: ero uscita senza crema e senza fondotinta!!! e in quelle condizioni non potevo di certo andare in giro; ma la strada da fare, benchè non fosse tanta, era molto trafficata a causa del tempo che non era dei migliori.
Cambio scena
Invece che prendere la strada per la galleria di montebello andai verso la val Rosandra. Lì trovai Paolo con suo nipote Giacomo, Franco e Barbara che stavamo assieme, Tiziana la mamma di mio moroso, e qualche mio conoscente che mi guardava mentre osservavo le pietre.
Cambio scena
Dovevo arrampicare una difficilissima parete di quarzo grigio, che aveva un'aria molto spenta e triste: sentirlo e toccarlo mi provocava un'immensa malinconia. Dall'alto della mia scalata libera, senza corda, nè imbrago, ma scalza e ben vestista, chiedevo a Tiziana come potesse esserci del quarzo grigio in valle; mi sentì immediatamente sotto osservatorio, poichè lei iniziò a chiedermi per filo e per segno, come era solita fare la mia professoressa di geologia, le qualità delle rocce e del quarzo, nonchè la scala di Mohs. Paolo teneva Giacomo per mano e gli spiegava le varie pecularità di quel che lo circondava, facendo capire al bambino l'importanza di quel che era presente senza soffermarsi troppo sulle caratteristiche delle pietre e dei minerali vari. Franco e Barbara: lei ben vestista e molto bella, lui con un giubotto rosso e totalmente pelato, discutevano del fatto che forse avevano sbagliato tanto, ma che non era mai troppo tardi per ricominciare ad amarsi... Io continuavo a scalare... continuavo e continuavo... a piedi scalzi...]

sabato 26 aprile 2008

Giocare è bello! Parlare di se stessi ancor di più!

E' difficile scrivere un'introduzione, nonchè spiegare il senso di questo "gioco". In realtà non è difficile, ma è difficile per me, che voglio render sempre tutto così pomposo e barocco...Detto in parole terribilmente molto povere:Sono andata sul blog di Paolo (http://amfortas.splinder.com/) e ho iniziato a leggere quella colorita e simpatica descrizione che ha fatto di se stesso. L'ho letta, mi ha fatto ridere e sorridere e poi mi son ritrovata nella lista delle sei persone che dovevano "partecipare al gioco".

Quindi, ordunque:
- indicare il link di chi vi ha coinvolti (Paolo, l'ho detto... da non confondere con Guglia, ma da confondere con uno dei fratelli Bullo!)
- inserire il regolamento del gioco sul blog (credo sia questo... mah...)
- citare sei cose che vi piace fare (citerò)
- coinvolgere altre sei persone (coinvolgerò)
- comunicare l'invito sul loro blog (comunicherò)

1) Quando ho del tempo libero, non ho da studiare o da far altre cose, amo mettermi davanti al computer e perder ore a far stronzate, nel vero senso della parola. Dove per stronzate intendo, dapprima aprire youtube e guardarmi gli innumerevoli, ormai visti e rivisti, sketch di Maccio Capatonda e di Mariottide. Poi apro i vari blog (Gubbo, Sid, Paolo...) e in base al momento ed al blogger posto un commento più o meno stupido o più o meno intelligente. Nel frattempo apro "yahoo answer" ed inizio a leggere tutte le varie domande della sezione "salute mentale" (che è quella che preferisco) e non solo, quindi mi animo di cavolate e lascio qualche risposta.

2) Ho sempre amato romper le palle alla gente e dar fastidio, talmente da farla innervosire. Citerò dunque i migliori momenti: alle elementari durante l'ora di pranzo ognuno di noi, a turno, doveva alzarsi ed andare in cucina a riempire la brocca dell'acqua; quel giorno era toccato a Giulio Cante: Giulio si alzò con la brocca vuota e tornò con la brocca piena, ma io nel contempo stavo pensando a chissà quale "scherzone" fargli e così mi venne in mente: proprio quando si stava sedendo sulla sedia, con la brocca in mano, io gli allontanai la sedia, così lui cadde a terra e la brocca gli si rovesciò addosso!!! tutti ridevano: io e lui compresi (le maestre un po' meno, infatti mi misero in punizione per una settimana intera).Una sera mia mamma e mio papà dovevano uscire per andare a quei soliti concerti che si fanno i primi giorni di gennaio al palatrieste, ed avrebbero salutato sindaco, gente della confcommercio e chi più ne ha più ne metta. Quel pomeriggio mia mamma mi aveva fatto alterare terribilimente, quindi, giustamente, pensai di attaccarle un pezzo di scotch (molto grande e molto lungo, ricordo) sulla parte bassa della gonna (a metà serata mi arrivò una telefonata da parte sua in cui mi diceva che evidentemente aveva partorito una figlia stupida).D'altro lato, esiste pure la sfacettatura negativa e per niente etica del romper le palle: il vendicarsi. Infatti amo vendicarmi di chi mi fa un torto. Lo so che non è moralmente corretto, ma chi se ne frega, dico io: se qualcuno mi prende il culo, mi insulta o quant'altro riceverà sicuramente, da parte mia, qualcosa in cambio.Nella mia vecchia classe delle superiori c'era un individio che stava antipatico a tutti, in particolare a me. Venni a sapere, un giorno, che lui mi sfotteva terribilmente con tutti. Decisi dunque, che dal giorno seguente la sua media scolastica, che era molto traballante già di suo, sarebbe arrivata ad un punto di non ritorno! Essendo sempre stata una delle più brave in latino, ed essendo sempre stata molto buona e simpatica passavo la versione a tutti, facendo prendere anche dei signori voti! Ma lui, stranamente (si noti il tono ironico), era l'unico che, benchè mi chiedesse la versione, continuasse a prendere 3 o 4. Dedicavo 10 o 15 minuti del tempo concesso per il compito alla stesura perfetta di una storia puramente inventata, dai toni latini, logicamente, che davo unicamente a lui!

3) Amo ascoltare la gente, la gente sconosciuta che incontro per strada, sugli autobus, in momenti a caso della mia giornata. Amo sentire le loro storie: più son diverse dalle mie più son affascinanti. Amo idealizzare alcune persone, al punto da renderle immortali ai miei occhi ed invincibili. Amo ascoltare la gente conosciuta, molto conosciuta che riesce a farmi capire realmente quel che gli passa per la testa...
Amo immaginare che loro sanno che ci sono, benchè, sono tristemente consapevoli della mia freddezza sentimentale e della mia terribile difficoltà psicologia nel dimostrar qualsiasi forma di affetto.

4) Amo star "per le mie", isolarmi nei miei pensieri e nelle mie scritture, che mi aiutano ad esternare ciò che penso. Ho sempre letto molto, sia che fossi in solitudine, che in compagnia (lunghi viaggi in treno o in aereo, pomeriggi al mare...), e tornata a casa la prima cosa che facevo era prender spunto da quegli scritti per la mia vita reale. Ho sempre amato sottolineare piccole frasi o piccoli pensieri che leggevo e rileggevo sui libri. E tutto ciò mi ha sempre accompagnata in quello che io chiamo "mondo onirico", quell'unica fetta della mia realtà in cui so di esser realmente me stessa; quell'unica fetta di verità in cui se voglio ammazzo qualcuno, vado a letto con una donna o giro nuda per la città.

5) Amo la mia poca sistematicità e la mia vita incasinata che mi porta, sempre e comunque, a far le cose di corsa e ad arrivare perennemente e costantemente in ritardo! Amo dunque il correr di qua e di la coi minuti contati sapendo che riuscirò a far tutto solamente per una qualche mistica grazia divina. E tutto ciò si rispecchia in quel che scrivo: incasinato, dai periodi terribilmente lunghi e noiosi, dalle parole inventate (quiddita... per esempio) e dai concetti comprensibili solamente da chi mi conosce, almeno un po'... Magari ascoltando quella musica gotica, ma talmente gotica che non è attribuibile nemmeno al medioevo più sacro (QNTAL, mediaeval baebes, corvus corax...), o quella musica talmente celtica, dalla scozzese alla brenote, passando per un po' d'irlandese e gallese, che ti fa venire i brividi alla sola idea... (Deanta, Danu...)

6) Amo uscir di casa vestita e "conciata" in maniera terribilmente pacchiana: pantaloni rossi iper attillati, corpetti neri super stretti, cerchietti di tutti i colori, stivali alti di pelle, rossetto bordeaux o rosso "via roma" (è questo l'aggettivo che gli è stato attribuito)... Amo parlar con toni pomposi ed espressioni latine (come: conditio sine qua non, in primis, ex aequo...). Amo metter le scarpe con i tacchi, talmente alti da prender quei 10 centimetri che mi mancano.

Avrei da aggiungere altre mille cose... ma credo di aver anche sforato le "sei possibilità" concessemi...

Coinvolgo in questo "simpatico" gioco:
- Gubbo, alias mio moroso: http://www.facciapienadilarve.it/wp/
- Sid, alias "un mio amico ghey" (non è ghey, anzi... è molto etero!!!): www.sugata.eu
- Paolo Guglia, alias "della SAS": http://radici-trieste.blogspot.com/
- Borzo, alias "borzo" (non ho altri modi per definirlo... sarà che non lo conosco nemmeno molto bene!): http://borzo2.blogspot.com/
- Giulia, alias "Giu, che conosce un sacco di cose di me, pur non avendomi mai vista...": http://migiustifico.giovani.it/
- Yola, alias "La mia amica, non una, ma LA": http://yola1988italy.spaces.live.com/

sabato 19 aprile 2008

Amori confusi sotto una pioggia muggesana

[...Ero in Via Roma a Muggia; pioveva a dirotto e dovevo raggiungere in un pub Sid, mio moroso Marco ed altri loro amici poichè erano appena tornati da un lungo e stancante viaggio in montagna, una sorta di altavia: entrai nel pub, feci per salutare tutti quando Marco si girò dall'altra parte, senza salutarmi, senza dirmi nemmeno un "ciao" o guardarmi in faccia. Io non capii quel gesto, ma non mi posi nemmeno il problema del perchè avesse potuto fare così. Salutai e me ne andai.
Cambio scena
Cambiai locale per raggiungere altri miei amici; appena entrata c'erano Nik e Gigi, che erano altri due miei morosi... e nemmeno loro sprizzarono di gioia nel vedermi: infatti non mi salutarono!
Cambio scena
Non capivo chi era realmente il mio ragazzo: Marco? che forse avevo tradito, o da cui forse ero stata tradita; Nik? che non mi rivolgeva nemmeno la parola; Gigi? che pensava solamente a bere birrette ed a falsificare le schede elettorali. Avevo le idee molto confuse.
Cambio scena
Presi la macchina per andare a Muggia, verso il Villaggio del pescatore; c'era un tempo veramente straordinario: un sole meraviglioso stava tramontando sul mare. Che bella vista che deve avere Grido da casa sua, pensai. E anche Martina e Walter... Infatti se guardavo molto attentamente verso punta sottile potevo scorgere una donna dalle forme molto pronunciate che entrava nel mare basgnato dal sole.
Cambio scena
Incontrai per caso Josko assieme al suo amico Sebastiano; io stavo uscendo da un supermercato che is trovava in mezzo tra il Bar Europa e tra la Farmacia; mi accorsi che fuori stava quasi grandinando e caricai i due ragazzi di corsa in macchina, ed iniziai a guidare per tutta Muggia: da Lazzaretto a Santa Barbara.
Cambio scena
Iniziai a percorrere la discesa curvilinea, sotto la pioggia, del Villaggio del pescatore ma i freni funzionavano poco, molto poco, e Sebastiano dovette intervenire per fermare la macchina, affinchè non scivolasse giù.
Cambio scena
Josko mi disse che Sebastiano c'era anche alla mia festa; scesero dalla macchina, io diedi a loro l'ombrello; mi cambiai di posto sedendomi dietro, e mi addormetai in macchina sotto la pioggia, aspettando che mia mamma mi venisse a prendere. ...]

giovedì 17 aprile 2008

Mondo Marcio

Andavo avanti e indietro tra la mia camera e le altre stanze della casa: c'era una tal confusione, che più che esser materiale era nella mia mente... D'improvviso mi vedevo il passato difronte, così come il presente, ma non vedevo il futuro, perchè gli occhi erano fermi fissi sul passato. Fare una stesa di carte? non era sicuramente il modo migliore per superare quel trauma sentimentale che mi portavo avanti da anni...
Cambio scena
Decisi di fermarmi in camera mia per riflettere: mi sedetti accanto al letto.
Il letto era disfatto: sopra le lenzuona rosse c'era una bellissima scarpena dai colori vivissimi, già morta, ma era talmente grande che non sapevo da che parte iniziare per pulirla, e non sapevo nemmeno se dovevo aprirla... Sulle mensole dietro al letto c'erano un contenitore di vetro con dentro molta coca-cola, e vicino una grande scatola di pomodorini ciliegino ormai mezzi ammuffiti, che emanavano una puzza a dir poco atroce.
Cambio scena
Mi guardavo e riguardavo attorno; la scarpena era sempre nelle mie mani... mi prese sete ed aprii il contenitore di vetro con dentro la coca-cola, ormai svampita e quasi imbevibile... ma fu la puzza atroce dei pomodorini che attirò la mia attenzione: li guardai da lontano e cercai di osservare la muffa nei minimi particolari, non accorgendomi che non stavo facendo nient'altro che annusare ancora quell'orribile odore.
Cambio scena
Tirai le mie conclusioni: la sarpena era troppo grande per me da pulire, ed ormai tutto il letto puzzava di pesce; la coca-cola era svampita ed imbevibile; i pomodorini avevano una puzza di marcio come mai l'avevo sentita.

martedì 15 aprile 2008

Stupida, ignorante, barbara, razzista, intollerante, antidemocratica, anticivile, incosciente, bifolca, polentona ed armata di fucile...

Avrei sempre voluto tener fuori dalla politica e dall'attualità italiana, europea e mondiale questo blog; eppure ieri qualcosa o qualcuno mi ha spinto a scrivere.
Le elezioni sono andate come sono andate, c'è chi è più felice, chi meno; chi parla di "invasioni barbare", chi di "demolizione dello stato di diritto" chi di "rialzati italia" e di "camicie verdi".
Ci son stati sorrisi smaglianti, delusioni, aspettative cadute in basso, sentimenti di schifo e chi più ne ha più ne metta... eppure mi sento di dire solamente una cosa, ispirandomi a Voltaire, grandissimo filosofo illuminista: "non condivido quello che dici, ma difenderò fino alla morte il tuo diritto di dire quelle cose".
Sono stata insultata, definita stupida, ignorante, barbara, razzista, intollerante, antidemocratica, anticivile, incosciente, bifolca, polentona ed armata di fucile, scacciacani e forca, a causa del voto che ho democraticamente, coscienziosamente e liberamente espresso!
Sono circondata da diverse persone che non condividono i miei ideali, che qualcuno potrebbe dire che son cambiati dal giorno alla notte; nonostante ciò io non mi sono mai permessa di insultare e di giudicare la scelta politica di un altro, che la pensasse diversamente da me. Ho potuto condividere e non condividere, ma quando a giudicarmi sono state persone che avrei pensato avrebbero accettato il mio punto di vista, le loro frasi: "mi hai deluso", "solo uno stupido ed un ignorante vota come te" mi hanno fatto riflettere su quanta importanza dessero loro alla realtà politica, e quanta poca invece alla persona in sè. E che evitino di dirmi che l'idea politica forma la persona: ci son cose ben più importanti di un pensiero sul federalismo o sul precariato...
Cosa posso concludere? che forse la stupida, l'ignorante, la barbara, la razzista, l'intollerante, l'antidemocratica, l'anticivile, l'incosciente, la bifolca e la polentona armata di fucile, scacciacani e forca non sono io, ma chi non rispetta la mia scelta e non capisce che c'è una persona al di là di una X che ho fatto sopra una scheda elettorale.
E con questo ho concluso!

martedì 8 aprile 2008

In amore vince l'amante

[... Stavo andando a dormire a casa di quello che sarebbe diventato nell'arco di poche ore il mio amante; anche lui, come mio moroso, si chiamava Marco. Gli mandai un messaggio dicendogli che non potevo tornare a casa per quella notte, pertanto lui avrebbe dovuto ospitarmi nella sua casa in mezzo ai boschi. Arrivai là e mi sistemai; uscimmo per bere qualcosa e io mi ubriacai veramente di brutto; tanto da non ricordare nulla la mattina seguente.
Cambio scena
Ero davanti al porticato di casa sua e speravo che lui provasse gli stessi sentimenti che provavo io... mi stavo innamorando pure di lui... ero persa, e non mi sentivo in colpa per Marco (mio moroso), anzi la cosa mi attizzava. In quel momento riuscii a leggere il suo messaggio: Grazie! Mi aveva detto grazie. Mi abbracciò e decidemmo di partire per la montagna. Ma prima gli chiesi cosa era accaduta la sera prima e mi disse che avevo bevuto talmente tanto che avevo perso il controllo delle mie azioni, tanto che il preconscio aveva liberato qualche desiderio istintuale, un po' cammuffato però...
Cambio scena
Eravamo in montagna e stavamo facendo una ferrata, io lui e Yola, l'unica che sapeva di me e lui. Parlavo con lui del fatto che secondo mia mamma avrei dovuto lasciare il moroso se volevo stare con lui e gli dissi che non lo so "non so cosa fare di Marco, che ridere entrambi siete Marco, e vi anche conoscete..."...]

giovedì 3 aprile 2008

Bellezza e Amore

[...H3 quinto piano. Ero assieme a qualcuno che stava stampando, ma nel contempo andava su siti porno, pesantemente porno! talmente porno che a momenti oltrepassavano il limite della pornografia, per cadere nell'oblio della perversione. Questo qualcuno, dal'aspetto femminile, e dall'animo molto paziente si mise a stampare. Ma i fogli che lei aveva inviato verso la stampa non uscivano. Invece la stampante che era collegata al suo computer iniziò a sputare le stampe di tutti gli altri studenti! "Hai avuto proprio sfiga" le dissi. "Già, ora, dovrò anche distribuire tutti i fogli... meno male che ho pazienza... e non sono come te...".
Cambio scena
Io e la mia ex classe, assieme ad altre persone ed alla Pulvi ci trovavamo in delle grandi stanze e ci stavamo preparando per dormire e per partire allo stesso tempo (ci attendenva un lungo viaggio prima delle elezioni). Le stanze erano grigie, poco illuminate e piene zeppe di banchi e sedie: noi ci accampammo un po' qua, un po' là, senza badar troppo a dove sistemarci. C'erano Nik, Yola... ma più mi guardavo attorno, più mi rendevo conto di non conoscere chi mi circondava. Una ragazza con una malformazione al petto mi colpì particolarmente, parlava con Eleonora, la morosa di Sid. Questa ragazza si spoglio e iniziò a chiedere a gran voce, rivolta soprattutto verso Yola e Riccardo se il suo seno era abbastanza formoso. Riccardo, con una delicatezza a dir pocco nulla, le fece notare ironicamente la malformazione che questa aveva: un grande pezzo di carne, dalla forma fallica, che le fuoriusciva dal petto. Io, com'è solito che faccia, iniziai a fissarla... non riuscivo a distoglierle lo sguardo di dosso. Ma subito pensai al fatto che forse la fissavo talmente tanto perchè soffrivo di medorthofobia (paura dei peni eretti)... eppure non avevo mai sofferto di questa fobia... non capii molto in quei momenti.
Cambio scena
La ragazza ed Eleonora parlavano dell'ex ragazzo di Eleonora. Io mi misi in mezzo al discorso, ed ascoltavo. Eleonora raccontava che era stata lasciata, che lui col tempo era cambiato, e che se anche stava da due anni con Sid, avrebbe voluto tornare con lui a momenti, forse per il solo desiderio di vedere come sarebbe ora la loro nuova storia, pur sapendo che in verità sotto sotto amava Sid. Io pensai immediatamente a quanti amori nascono e finiscono così: gente che si lascia perchè non è in grado di affrontar i problemi; gente che si innamora fittiziamente continuando ad amare l'amore passato...
Cambio scena
Riflettevo su me stessa: non avevo malformazioni, ero innamorata ed amata. E guardavo tutti gli altri, Pulvi compresa che non faceva altro che parlar di politica difendendo i ragazzi della Fiamma Tricolore, sorridendo; perchè sapevo che chi più, chi meno, chi prima, chi dopo, sarebbe stato sereno almeno quanto me! ...]


[P.S. Per Paolo (Bullo, non Guglia): sto finendo di fare il gioco, ma ora che son sotto esami non ho molto tempo per pensare... e quella cosa richiede MOLTO MOLTO TEMPO, almeno per quano mi riguarda! Scrivere sogni invece mi libera, mi rilassa e non mi fa pensare più di tanto, se non ricordare!!!]

mercoledì 2 aprile 2008

L'importante è far festa!

[...Mi stavo preparando per la festa: sarebbero venuti Giorgio e Tiziana, i genitori di Marco, i nonni e persino Emilia e Michele da Sarno. Tirai fuori le bellissime scarpe col tacco, l'abito che meglio mi stava e indossai tutto ciò con gran vanità.
Cambio scena
Fuori c'era un tempaccio: lampi, fulmini, pioggia e persino grandine. E tra poco sarebbero arrivati i miei per preparare la cena per la festa.
Cambio scena
Arrivarono e mia mamma aveva veramente tantissime borse della spesa con dentro molti tipi di pizze e salumi. Tirò fuori da uno dei sacchetti un grande barattolo bianco con fuori scritto "mozzarella", eppure il barattolo conteneva solo acqua.
Cambio scena
Mia mamma iniziò ad urlarmi che quel pomeriggio avrei dovuto comprare la mozzarella filante da metter sulla pizza; proprio la mozzarella filante. E invece secondo lei quel pomeriggio, che dovevo utilizzare per i preparativi l'avevo buttato via facendo i miei sporchi comodi, come le era solito dire. "Guarda che se metti la mozzarella normale non se ne accorgerà nessuno" le dicevo, ma lei mi rispose che ero sempre la solita che le faceva fare figure di merda davanti alla gente...]

[...Vagavo avanti ed indietro per il Volta, ma non ero sola, con me c'era qualcuno, forse Yola, forse Cec, forse qualcun'altro. Cercavamo un computer che leggesse la nostra penna usb e che fosse in grado di capire realmente quello che ci fosse scritto, pertanto l'attenzione che dovevamo porre al tipo di computer da scegliere doveva essere massima!
Cambio scena
La bidella ci indirizzò al primo piano sotto terra, indirizzo "meccanico", e lì, vagando un po' per le aule un po' per i laboratori incontrammo Zighy, che stava studiando chimica e fisica per i prossimi esami. Però Zighy non aveva ancora la maturità, ma stava studiando per questa, infatti aveva deciso di farsi cambiar di scuola un mese prima della fine delle lezioni: a parer suo il Volta lo avrebbe preparato decisamente meglio del Galilei per la facoltà di chimica.
Cambio scena
Il bidello, di nome Sergio Alonsi, ci parlava in farfallese chiedendoci per cortesia di non disturbare uno dei suoi alunni migliori... e aggiungendo di lasciare l'edificio: non avremmo trovato nessun computer in grado di leggere i nostri file al Volta...]

mercoledì 19 marzo 2008

Maledette contraddizioni: scritto interamente egocentrico

Sono terribilmente insoddisfatta, ma felicemente serena.
Non so per quanto a lungo ancora potrò sostenere questa imperturbaile tempesta emozionale. Ora sono in piena fase "buferica"! Non so bene come spiegare quel che mi accade, per il semplice fatto che non lo capisco nemmeno io; ma d'altro canto: quando mai ho capito quel che mi passava per la testa? capisco solamente i miei sogni, inconfondibili ed eterni compagni notturni, nonchè gli umani, che spesso vedono in me una sorta di "colei che capisce gli altri" (Pietro docet).
Da un mese a questa parte avrei il desiderio di tornare in terapia... un po' mi mancano quelle sedute standard e rassicuranti, che mi hanno accompagnato per molti anni... mi manca la fiducia di una persona e l'assoluta libertà di parlare sapendo che non verrò giudacata; non vengo spesso giudicata, perchè chi mi ama consiglia, non giudica, eppure ho il terrore, l'angoscia di esser osservata, scrutata e giudicata, forse perchè questo è ciò che faccio io con gli altri pur di sentirmi meglio; non che in vita mia mi sia aperta solamente con Laura (psicoterapeuta), anzi: ben altri conoscono Giara... Le pseudologie fantastiche son sparite, per la gran parte e finalmente, voglio aggiungere! Ma il narcisismo? quello purtroppo è rimasto. Basti vedere come sto, non intenzionalmente, rompendo le palle alla persona che amo: per il semplice fatto che non essendo ogni santo giorno sotto i suoi occhi e sotto le sue attenzioni, allora credo di non esser più parte della sua vita, credo che lui mi abbia cancellata e dimenticata, non rendendomi conto così facendo di portare al limite della sopportazione questa (meravigliosa ed adorabile) persona (che mi sopporta)!. Questo è quello che pensa un narcisista, quello che penso io. Il desiderio sarebbe, logicamente, essere al centro dell'attenzione sempre e comunque; ed io, pur avendo la consapevolezza d'avere questa terribile, ma attraente, secondo il mio punto di vista, psicosi, non riesco a concepire di non poter essere sempre e comunque al centro della vita di tutti, nonchè del mondo. A volte dovrebbero dirmi "cazzo Giara, sta nel tuo e fa meno l'egocentrica". In quell'istante andrebbero a colpire il mio orgoglio, aprendo una delle ferite narcisistiche più grandi e non capendo il gesto di quel che hanno fatto: io cadrei lentamente nella tristezza, per poi risalire e sorridere nuovamente, perchè sarei consapevole che non tutti capiscono gli altri (io infatti non riuscirei a capire qualcuno che soffre di attacchi di panico). E' un po come se un disordinato dicesse ad un ossessivo-compulsivo "Ou, stai più calmo e non agitarti per ogni minima cosa che non viene fatta a regola".
Ho sempre avuto paura a parlare di questo mio "punto debole" perchè, scoperto questo, gli altri potrebbero fare di me quel che desiderano, sotto ogni punto di vista, e pure perchè non tutti capirebbero. Al mondo ci sono pochissime persone che sanno come colpirmi, ma allo stesso tempo sanno pure come rendermi felice. Se mi colpiscono aprendo una grossa ferita io penso "mea culpa", senza mai esternarlo, logicamente: pur sapendo di viver così, non sposto una virgola per agire diversamente, e per lasciar viver gli altri. Ma almeno son consapevole, e dico almeno perchè il 99% dei malati non lo sa, di esser come sono. Conosco i miei limiti!!! Ed è per questo che sono felicemente serena.
Quando Zanettovich (professore di psicanalisi) e la Pellizon (idem) parlano di narcisismo ed affini mi sento chiamata in causa e capisco perfettamente ciò di cui discutono. Più che perfettamente, considerando che son arrivata al punto in cui quando cammino per città son convinta che tutti mi guardino, e quando dico tutti intendo proprio tutti!
Scritto ciò tornerò a studiare Freud, il carissimo e simpaticissimo Freud! Promettendo a chi sa di esser stato chiamato in causa in questo post di esser più tollerante e meno maniacale e possessiva...
...dovremmo parlare... hai ragione...

domenica 16 marzo 2008

Verba cogitatioque volant, scripta manent

Le parole, i pensieri volano: questo è il motivo per cui, ora, non scrivo molto. In realtà son passati pochi minuti dall'ultimo post che ho scritto e salvato in bozze, ma almeno dieci giorni dall'ultimo che ho pubblicato.
Questo non è propriamente un momento felice, pertanto, onde evitare di far cazzate mi limito a pensare, a parlare con qualcuno che mai tradirà la mia fiducia (gatti) ed a riflettere sulle varie vicissitudini.
Se scrivessi tutto quello che mi passa per la testa sbaglierei, di grosso; per il semplice fatto che faccio parte di quelle persone che non hanno un reale contatto con la realtà, bensì con la propria realtà, unica ed inviolabile da "sconosciuti e stranieri", salvo morosi (nel mio caso uno) e pochissimi umani con cui ho qualche rapporto, leggermente stretto ed intimo; faccio parte di quelle persone che per stare bene devo stare male... perchè solamente la sofferenza gli può far ricordare quant'è bella la felicità. Pertanto rischierei di esprimere riflessioni che sarebbero coerenti dal punto di vista momentaneo, ma non da quello permanente, per il semplice fatto che dieci minuti dopo cambierei idea.
In che cazzo di situazione mi son messa... Cellerius disse: "se non ce l'hai stai male perchè sei perduta per sempre, se ce l'hai hai paura di perderlo"... Eppure la mia capacità di farmi influenzare da sogni, fantasie, voci, cresce giorno dopo giorno, attimo dopo attimo, estraniandomi interamente dal mondo. E giunto il punto di storpiatura (famosissimo) ci si deve iniziare a preoccupare, perchè ritornare sulla "retta, nonchè reale e non fantastica via" sarà un'impresa ardua e che rasenta i limiti della pazzia.
Quindi sono Stupida, per il momento. Molto Stupida (la S è maiuscola perchè un minimo di dignità rimane sempre).

venerdì 7 marzo 2008

Psicosomatismo

Non ne hai un'idea chiara finchè non lo provi o non lo subisci. Ti limiti a consigliare, a dialogare... soprattutto il giovedì sera, assieme a quelle persone che cercano, sia con un sorriso, sia con una birra in mano e ridendo, sia esplicandoti la loro più intima morale, di farti capire che sarebbe possibile e che potrebbe accadere. Tu non vuoi crederci: non sei ingenua, tantomeno vivi in un mondo "fatato e fiabesco", ma non ti è mai accaduto nulla di simile. Sai come potresti reagire, perchè conosci le tue debolezze ed i tuoi sentimenti, ma non vuoi lasciar spazio a questi pensieri. O forse ne vuoi lasciar fin troppo: ti lasci influenzare dai sogni, dai pensieri febbrili, e dall'assenza.
[...Dico a mia mamma che il dottore mi ha diagnosticato un tumore della pelle, come quello che aveva lei, ma il mio è sulla schiena: glielo faccio vedere: le macchie crescono e si muovono, sono indipendenti e ormai si sono stabilite lì. Lei non ci crede: spera che non sia vero. Io le spiego che è normale che mi sia venuto un tumore, data la mia debolezza attuale. Lei continua a non crederci e spera che siano macchie di caffè quelle che ho sulla pelle.
Cambio scena
Per lunghe ore osservo il tumore crescere e crescere... che aumenta e diminuisce... che diventa più forte e più debole.
Cambio scena
Non voglio fare la chemioterapia e mi oppongo al consiglio dei dottori e di mia mamma... guarirei anche senza la chemioterapia, dico a loro, che non mi credono. Non voglio farla perchè il mio tumore è psicologico: è nato a causa della lontananza, del tradimento, della febbre... ]

lunedì 3 marzo 2008

Tibi gratiatum actio

Volo te ut me amat quoniamque mihi dat gratias agere.
Grates ago

domenica 2 marzo 2008

Decadentismo moderno

[...Ero tornata in Italia dopo molti anni. Tutto era cambiato: le case erano abbandonate e distrutte; la gente scappava e correva veloce; pochi avevano ancora un lavoro e il grigiore della città aumentava giorno dopo giorno: era Trieste quella che stavo vedendo, ma non era la Trieste d'una volta. Ciò mi cosparse di tristezza e malinconia. In quel momento mi trovavo in macchina con mia mamma. Guidava lei. Mi raccontava di come l'Italia fosse caduta così in basso: lo stato aveva dato tutti i soldi rimasti alla povera gente, agli operai, ai precari... ma questi non ne avevano fatto un buon uso: avevano speso tutti i risparmi in sciocchezze, a dir poco frivole e superficiali: vestiti costosissimi, caramelle e videogiochi per la play station.
Cambio scena
Mia mamma mi faceva notare la decadenza degli appartamenti e dei ponti, finchè non giungemmo a quella che era l'abitazione mia e dei nonni. Avremmo avuto poco tempo, forse un'ora, per recuperare le cose di valore e andarcene, scappare il più veloce possibile dal mondo che stava finendo.
Cambio scena
La casa era buia, dalle pareti gialle, e l'appartamento si trovava in uno dei piani alti. C'era molta confusione: tantissimi cassetti e mobili stracolmi d'oggetti d'antiquariato che erano appartenuti ai fantasmi del passato. Gran parte di quelle cose erano di mia nonnna, la mamma di mio papà: lei sarebbe rimasta a Trieste perchè il futuro non le apparteneva più. Il futuro era dei giovani, e lei oramai era vecchia, pertanto sarebbe rimasta nella sua città, per vederla svanire...
Cambio scena
Prendemmo le cose più importanti, tra cui molte coperte di lana, e ci mettemmo in viaggio verso altri luoghi. Si stava facendo buio e la srada era trafficatissima... tutti se ne andavano.
Cambio scena
Pensavo al destino dell'Italia e della mia piccola città... che ne sarebbe stato della mia famiglia e dei miei nonni... Dov'ero stata tutto questo tempo? ...]

sabato 1 marzo 2008

Distrattamente abbandonata (e gelosamente ossessionata)

E mi sento abbandonata, distrattamente, non volutamente, ma amorevolmente abbandonata. So che il pensiero di "Giara" è lì, schematizzato in quel cervello e idealmente rappresentato in quel cuore. Come? come sono, come sono i miei gesti (o le mie gesta, istrionicamente parlando), com'è quel che faccio, come sono gli oggetti sui quali cerco di imprimere le giaresche forme... Come? come sono, come sono molto più piccola di te, molto più bassa di te, molto più bionda e pallida di te...
I sogni mi racchiudono nel mondo ovattato per alcune ore, incantandomi sulla fatalità, sull'assurdità così ragionevole ed intima e privata di quegli attimi, in cui atemporalità, aspazialità ed egocentrismo regnano. Ma sono debole, forse per volontà, forse per casualità o per momentanea necessità. Si sono debole, a tratti narcisista, a tratti megalomane, a volte istrionica; ero pseudologica fantastica... e gli strascichi si notano pure ore, quando spalanco gli occhi con meraviglia dinanzi a discorsi, eventi, sensazioni e modi di fare che non mi sono mai appartenuti, ma che in un certo qual senso, lontano dalla quotidianità mi appartengono; forse realmente; forse immaginariamente.
Ma ognuno trova una sicurezza, chi nello psicoterapeuta, chi nella lettura, chi negli antidolorifici, convinto di curar la malattia ma speranzoso di curare il "mal di vivere", chi nella musica, chi negli altri.
E forse a tratti è meglio sopravvivere in solitudine, che vivere fittiziamente sulle spalle di qualcuno o qualcosa: caghi, non fai altro che cagare, ti rotoli nella tua merda, cerchi di sopravvivere togliendoti le croste dagli occhi e dalla bocca, ma alla fine ne esci più signore di prima; piangi sulle spalle di qualcuno, ti sfoghi, e fai finta di sorridere. Preferisco decisamente la prima opzione alla seconda, benchè sia più faticosa e meno profumata.
Eppure questi distrattamente abbandonati (e gelosamente ossessionati), come son io ora, non fanno nient'altro che sedersi, pensare pessimisticamente, farsi venir il mal di testa, il mal di pancia ed un sacco di disturbi psicosomatici... ma il tutto nasce da una debolezza interna, che risorge in quei momenti più o meno difficili, ma decisamente bisognosi di qualcuno o qualcosa.
http://it.youtube.com/watch?v=1hpX1KqWMeo
"Come te sta?" mi è stato chiesto proprio ieri; e sto bene, lo giuro: sto bene. Molto bene. Ma le psicosi, gli altri, la paura in sè mi spaventano. I sogni notturni e quelli diurni mi sconvolgono.
Ti guardi attorno, qualcosa ti si stringe "dentro", ti senti impossibilitato nei movimenti, ma ben disposto nel pensare, ancora più negativamete a quel che ti circonda. Ti piace, a momenti, vivere e soffrire, perchè è di quello che hai bisogno per saper riconoscere la felicità e la tranquillità, quando sopravvengono. Ma quando sopravvengono? sempre quando sorridi, mai quando piangi. E la tristezza, l'amarezza, la paura, l'ossessione? dove se ne vanno? svaniscono momentaneamente nei sogni, nel blog.

Ho paura di parlarne apertamente. Ho paura a parlartene apertamente.

venerdì 29 febbraio 2008

Inconsciamente 2

[...Ero con i miei genitori che stavo andando sulle rive del lago di Bagnoli. Io ero seduta davanti, ma in realtà è come se fossi sui sedili poesteriori, isolata, poco attenta ai discorsi ed alla strada, ma molto narcisista e megalomane. Non avevo rete sul cellulare perchè stavamo viaggiando in mezzo ai monti, quindi la linea andava e veniva. Ora ce l'avevo: Stefano, l'ex moroso di Yola, mi stava chiamando, da casa sua, e stranamente avevo il suo numero nel cellulare. Rispondo al cellulare e parlo con lui. "Ciao Giara, sai dov'è Francesca? perchè non l'ho trovata a casa, e mi stavo preoccupando". "Si, è andata in Svizzera con Marco, sono andati a sciare ed alle terme". "Ah va bene, peccato... perchè avrei voluto vederla, sapere come stava...". "Traquillo, sta bene!". "Ma è sicuro felice con Marco? perchè ho paura che stia male".
Cambio scena
Cadde la linea. Arrivammo dinanzi al lago; era bellissimo, immerso nelle montagne, di una meravigliosità indescrivibile ed immanente e trascendente allo stesso tempo. Non mi ero mai accorta che Trieste potesse essere così bella. Non avevo mai prestato così tanta attenzione a quelle montagne. Ma tutto ciò era veramente indescrivile e stupefacente: pensai al fatto che era da molto tempo che non arrampicavo, che non camminavo, che non sciavo... e mi mancava Marco per fare tutto ciò.
Cambio scena
Totalmente vestita di stracci e cartoni vagavo per le strade abbandonate della città. Avevo finalmente trovato casa: una villetta disabitata, coi vetri rotti, ma migliore della macchina rossa in cui sopravvivevo prima: una cadillac di las vegas.
Cambio scena
La casa non era proprio disabitata, infatti lì in zona abitava un bruttissimo e cattivissimo cane, che veniva dal Gran Canion (aveva viaggiato per mesi, nuotando attraverso l'oceano fino ad arrivare dov'era ora: la zona disabitata). Il cane, spelacchiato, ringhiava ogni qualvolta qualcuno cercasse di avvicinarsi alla villetta abbandonata; non aveva padrone, nè morale: viveva secondo la legge della natura.
Cambio scena
Aspettai che si allontanasse dalla zona per cercare di impossessarmi della villetta, ma sapevo che nel momento in cui questo sarebbe tornato a casa, per me sarebbe stata dura: avrei dovuto battermi. E così accadde: il cane torno, ma io non volli battermi, inizia a guardarlo fisso negli occhi, come per volerlo terrorizzare... ma non stava accadendo ciò: lui terrorizzava me, con la sua stessa sofferenza, infinita, temibile e trasmettibile empaticamente.
Cambio scena
Inizia a correre perchè la sofferenza e la paura di captare fino in fondo il dolore immenso della bestia era enorme, quindi correvo e correvo. Nel buio. Senza sapere fin dove sarei arrivata: forse nel Gran Canion, forse sotto un cavalcavia. ...]